Bari, i suoli di Punta Perotti tornano ai Matarrese

di Redazione

l'abbattimento di Punta Perotti BARI. I terreni su cui sorgeva l’ecomostro di Punta Perotti ritornano alle imprese costruttrici Sudfondi, Mabar e Iema riconducibili alle famiglie Matarrese, Andidero e Quistelli.

Lo ha deciso ilgiudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Bari, Antonio Lovecchio, revocando la confisca dei suoli subita dalle ditte al termine del processo per lottizzazione abusiva dei suoli.

La richiesta di restituzione dei terreni (dove fu demolito l’ecomostro) nasce dalla decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) del 20 gennaio 2009 che ha ritenuto la confisca una sanzione arbitraria visto che gli imputati sono stati assolti dalle accuse per “difetto dell’elemento psicologico” mentre è passata in giudicato la sentenza che ha dichiarato abusiva la lottizzazione. Lo stesso ufficio del Tribunale aveva respinto l’anno scorso, il 26 ottobre 2009, la richiesta ma la Cassazione ha successivamente annullato, con rinvio, la decisione per difetto di contraddittorio in quanto il giudice aveva omesso di citare nel procedimento il Comune di Bari e le tre imprese alle quali i beni avrebbero dovuto essere restituiti.Solo il Comune di Bari si era opposto alla revoca della confisca, mentre Procura della Repubblica e i tre costruttori si erano detti favorevoli alla restituzione.

Lovecchio ha ereditato il fascicolo dal collega Giuseppe De Benedictis, arrestato alla fine del mese di ottobre peruna vicenda di detenzione illegale di armi, legata all’acquisto di un’arma da guerra in un’armeria del casertano, ma poi subito rimesso in libertà in quanto il gip, in sede di convalida, riconosceva l’inconsapevolezza di aver acquistato quel tipo di arma e dunque la buona fede del magistrato.

Il complesso di Punta Perotti – tre saracinesche di 13 piani ciascuna sul lungomare sud di Bari, che chiudevano orizzonte e vista – fu abbattuto in due fasi (2 e 24 aprile 2006) dopo una battaglia giudiziaria durata diversi anni. Trecentomila metri cubi di cemento furono distrutti davanti a decine di migliaia di persone; tanti altri videro le immagini in diretta tv.

Il progetto per la realizzazione degli ecomostri nacque negli anni Ottanta con tutte le carte in regola: concessioni edilizie e autorizzazioni di Comune e Regione. Che Punta Perotti non fosse abusivo lo stabilì anche la Cassazione nell’ottobre ’97, quando restitui’ ai proprietari gli immobili che erano stati sequestrati.

La magistratura barese, due anni dopo, assolse otto persone tra costruttori e progettisti, sancendo che tutte le carte erano in regola, ma dispose la confisca del complesso per varie violazioni ambientali. Tale provvedimento, confermato dalla Cassazione nel 2001, insieme con l’assoluzione degli otto imputati per aver agito in buona fede, fu alla base delle procedure per l’abbattimento.

Il 20 gennaio 2009 la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha ritenuto la confisca dei suoli una sanzione arbitraria e condannò l’Italia per violazione dell’articolo 7 della Convenzione dei diritti, ritenendo che la confisca illegale costituisse un’ingerenza nel legittimo diritto dei ricorrenti di beneficiare delle loro proprietà. Oltre a riconoscere alle imprese un indennizzo di 40 mila euro ciascuna, la Corte di Strasburgo si riservò di quantificare il danno materiale da risarcire e invitò il governo italiano a cercare un accordo con i costruttori entro sei mesi.

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