La “Fabbrica” di Caserta chiede primarie non condizionate

di Redazione

Nichi VendolaCASERTA. Il 5 dicembre a Caserta si svolgeranno le primarie di coalizione del centrosinistra per identificare il futuro candidato sindaco.

Ufficialmente, per ora, sono 2 i partiti che hanno proposto delle candidature: Sinistra Ecologia e Libertà con Biagio Napolano, e il Partito Democratico con Carlo Marino.

La Fabbrica di Caserta, associazione socio-culturale e politica di volontariato, nata sulla scia delle fabbriche pugliesi che aiutarono proprio Nichi Vendola, leader di Sel, a vincere le primarie del centro-sinistra in Puglia, emette un comunicato stampa in cui analizza la situazione politica casertana, e critica il sistema primarie, sacrosanto sistema democratico a livello ideale, ma che nel concreto della realtà italiana e nella particolare realtà casertana, hanno già mostrato più di una falla.

I promotori della “Fabbrica” si augurano che venga data priorità al dibattito politico e programmatico piuttosto che alla figura dei candidati. Insomma, il messaggio è chiaro: programmi non persone; idee concrete e non clientelismo. Perché le primarie rispecchino davvero la volontà degli elettori di sinistra necessitano di un maggior controllo sulle operazioni di propaganda e di voto per far si che tutto si svolga nel rispetto della correttezza, della pluralità e della democrazia.

Ecco in allegato il testo emesso dalla fabbrica:

CONSIDERAZIONI SULLE PRIMARIE

Come premessa, va ribadito che le primarie rappresentano un formidabile strumento di democrazia partecipata attraverso il quale cittadini – che si riconoscono nel raggruppamento e/o nella coalizione che ricorre a questo strumento – possono scegliere liberamente con il proprio voto un programma politico e chi si candida a rappresentarlo. La condizione essenziale però, affinché le primarie abbiano il loro giusto valore, è che siano libere e non condizionate. Insomma che si parli di politica e non dei politici in lizza e che siano “tecnicamente” prive di punti deboli, altrimenti si corre il rischio di dar vita ad una parodia, una pantomima, una messa in scena. Basta poco per far perdere a tale strumento tutto il valore intrinseco che lo contraddistingue, contribuendo ad ingigantire ulteriormente nella collettività chiamata a partecipare la sua disaffezione alla politica.

CONSIDERAZIONI TECNICHE

L’unico grande Paese che fa ricorso alle primarie sono gli USA. Oltreoceano vige una disciplina ferrea mirata ad evitare inquinamenti da parte del “campo avverso” e, altresì, a garantire al cittadino-elettore la regolarità della votazione. Tali condizioni non sono invece assicurate in Italia ove il suddetto strumento di democrazia ha visto soltanto di recente la sua attuazione e dove sono ammessi al voto anche i 16enni ed i migranti (cioè soggetti che non godono del diritto di voto). Tali limiti vengono superati soltanto qualora le primarie abbiano luogo a livello nazionale o regionale o nelle metropoli. In tal caso la grande partecipazione di massa riesce a supplire a tali mancanze. Diventa al contrario difficile – se non impossibile – quando si fa ricorso a tale strumento nelle città e/o nei piccoli centri (l’eccezione è rappresentata ovviamente dai paesini con un numero di abitanti talmente basso ove viene costituito un unico seggio, il controllo è “naturalmente” fattibile ed è di fatto “capillare”). In altre parole: una vera e propria impresa è “dirottare” 10-15mila voti e più; di gran lunga più semplice “distrarre” 1000-1500 voti ed “inquinare” le stesse per precostituire il risultato. A Caserta vi è stato un esempio lampante. Nel marzo del 2006 il centrosinistra decise di ricorrere alle primarie. Votarono 9008 persone. Per regolamento, ogni votante era chiamato a versare per autofinanziamento minimo 1 euro. Alla fine si raccolsero circa 8.500 euro (di cui poi non si seppe mai la “fine”). Va altresì considerato che molti in quell’occasione versarono 5, 10, 20 ed anche 50 e persino 100 euro di sottoscrizione individuale. Pertanto è ipotesi ragionevole considerare che allora circa in 1500 votarono “contravvenendo al regolamento”. Ma espressero realmente la propria preferenza? Si recarono effettivamente ai seggi per esercitare il loro diritto? Da sottolineare come non tutti i seggi fossero muniti di elenchi elettorali. Pertanto fu impossibile controllare gli aventi diritto e chi, poi, effettivamente si presentò alle urne. Così come non fu mai possibile verificare se alcuni votanti (e/o gruppi di essi) avessero espresso più di un voto, anche in seggi diversi. Inoltre, siccome alle primarie erano ammessi solo coloro che si riconoscevano nel “programma” del centrosinistra (a cui avrebbero dovuto aderire firmandolo in occasione del voto – cosa che invece non avvenne!), non fu mai possibile controllare quanti e quali furono gli “elettori” del campo politico avverso che votarono e/o che furono indotti a farlo (il massimo dello scandalo fu a Casertavecchia e dintorni ove parteciparono alle primarie tantissimi elettori, candidati e persino qualche consigliere comunale del centrodestra). Da questo bailamme scaturì il risultato di uno scarto di poche decine di voti tra il vincitore della tornata e il secondo classificato, con tutto quello che poi ne derivò.Peggio si riuscì a fare ad Aversa in occasione delle primarie del centrosinistra. Giuseppe Stabile, fino a poco tempo prima esponente della giunta locale di centrodestra, partecipò e vinse. Il numero totale di votanti risultò superiore addirittura alle preferenze ottenute dalla stessa coalizione di centrosinistra alle “regolari” elezioni comunali (le irregolarità furono tante e tali che poi Stabile non fu candidato dalla coalizione). Ultima considerazione sui candidati: da regolamento sono presentati da un partito o da una associazione appartenente all’area politica che fa ricorso alle primarie. Fu proprio così nel 2006 a Caserta? Ancora: per la presentazione di un candidato occorrono minimo 500 firme di cittadini che “appartengono” a quella area politica. A chi è delegata l’attestazione dell’autenticità delle firme? Ed il delegato su quale strumenti può realmente contare per svolgere questo suo fondamentale compito? Ma la cosa più grave è che, vista la struttura della modulistica, si possono PRIMA raccogliere le firme dei cittadini “presentatori” e POI scrivere sui moduli le generalità del candidato (cosa che nel 2006 capitò alle primarie di Caserta). In questo caso il cittadino è palesemente raggirato e diventa – nolente o volente – complice di una truffa.

CONSIDERAZIONI POLITICHE

Il Comune di Caserta è retto da un sindaco e da una giunta che ancora oggi si definiscono espressione dell’area politica di centrosinistra. Mai in questi anni tali amministratori hanno avvertito l’esigenza e/o manifestato la sensibilità di far ricorso a consultazioni popolari per scelte politico-amministrative prese o da prendere. Mai la collettività è stata interpellata e/o ascoltata sul cosa fare e come. Persino manifestazioni pubbliche di dissenso popolare – come nel caso della creazione nel territorio comunale di una discarica in località Lo Uttaro (che non è servita a soddisfare le esigenze della collettività casertana, ma soltanto ad arrecare gravissimi danni ambientali con conseguenze anche legali di cui si è occupata la magistratura) – sono state completamente ignorate, se non addirittura derise. Ora, alla scadenza del mandato amministrativo, il centrosinistra a Caserta ha deciso di ricorrere alle primarie per scegliere il suo nuovo candidato a sindaco. Come è possibile ricordarsi solo ora della democrazia partecipata? E come è possibile ricorrere a tale strumento senza aver formulato neanche un minimo di giudizio politico – da offrire alla pubblica opinione – sull’operato della giunta uscente e di un sindaco che deve ringraziare solo la Iervolino se non è da anni il sindaco di un capoluogo italiano meno amato ed apprezzato dalla collettività locale (secondo i sondaggi de Il Sole 24 ore)? La collettività che verrà chiamata ad esprimersi, su cosa verrebbe interpellata? Sulla “faccia” di ogni singolo candidato? Certamente non sui programmi politici che purtroppo “brillano” per la loro assenza! In altre parole, di cosa dovrebbe discutere e decidere la collettività attraverso le primarie?

Ancor più grave è che, allo stato, il maggiore partito del centrosinistra – il PD – sia commissariato. Senza voler entrare nel merito di problemi interni a tale formazione partitica, appare però evidente che tale commissariamento rappresenti la conseguenza di una assenza di iniziativa politica sul territorio casertano che ha caratterizzato in negativo il PD. Questo proprio negli anni in cui il Comune è stato retto da un’amministrazione “targata” centrosinistra e con il gruppo consiliare più numeroso proprio del PD stesso. Ipotizzare di poter ora recuperare, sia pure in parte, il mancato rapporto dialettico in primis con il proprio elettorato e poi con la più vasta area del centrosinistra attraverso il ricorso alle primarie, ci appare francamente strumentale e velleitario (e quindi persino offensivo nei confronti della collettività). Quanto tale ricorso alle primarie sia strumentale appare evidente considerando che vi erano solo tre candidati tutti del PD o di aree politiche ad esso riconducibili, al punto che nella pubblica opinione era diffusa l’idea che le prossime primarie fossero una sorta di affare interno al PD stesso. E quanto questo fosse palese è testimoniato dall’attesa di IDV e Federazione della Sinistra (che pure hanno partecipato al Governo della città) e dal “pressing” effettuato da taluni esponenti del PD locale – anche attraverso alcuni mass-media – su SEL (Sinistra, Ecologia e Libertà), partito a cui appartiene Niki Vendola (che, a livello popolare, è riconosciuto come il fautore da sempre del ricorso a tale strumento di democrazia partecipata). Infatti la partecipazione di SEL – partito che non è rappresentato né in consiglio comunale a Caserta, né nella giunta casertana uscente verso la quale poi esprime da sempre la sua netta criticità e contrarietà – alle prossime primarie a Caserta con un proprio candidato (anche solo di “bandiera”), serve infatti a legittimarle politicamente, contribuendo altresì al tentativo di affossare – o quanto meno “ammorbidire” – un’analisi non edulcorata sull’esperienza amministrativa uscente.

Lo spettacolo offerto in queste ore a Caserta dal centrosinistra non ci appare francamente edificante e non si discosta purtroppo da quanto messo in scena dall’area politica avversa. Si discute di nomi, si fa il “tifo per questo o per quello”, ma rimane assente, ancora una volta, quello che – a nostro parere – dovrebbe essere sempre il principale soggetto, soprattutto di un’area politica che afferma di riferirsi ai principi di democrazia, di solidarietà civile, di progresso e di sviluppo sociale: la collettività locale con i suoi bisogni e le sue esigenze.

E’ questo il dibattito che bisogna rilanciare. E’ di questo che bisogna discutere apertamente, pubblicamente e senza alcuna reticenza. E’ questo l’unico modo per costruire effettivamente una alternativa che sia chiara a tutti e largamente condivisa.

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