Iovine trasferito a Nuoro, ma in Sardegna è protesta

di Redazione

Antonio Iovine CASALE. Il boss Antonio Iovineè già stato trasferito a Nuoro, nel carcere di massima sicurezza di Badu ‘e Carros.

Ne dà notizia il quotidiano sardo “La Nuova Sardegna”, secondo il quale il trasferimento sarebbe avvenuto in gran segreto domenica con un volo speciale da Napoli per Olbia, per poi proseguire in auto fino a Nuoro. L’ingresso in carcere, secondo il quotidiano, è avvenuto alle 16.55 del pomeriggio. Ora “‘O Ninno” dovrà scontare il 41-bis, un regime carcerario duro che prevede l’isolamento.

Ma tra la popolazione, e non solo, c’è preoccupazione. “Trasferire il detenuto Iovine nel carcere nuorese di Badu ‘e Carros é una scelta assolutamente infelice nonché inopportuna”. Lo ha detto il presidente della Regione Autonoma della Sardegna, Ugo Cappellacci. “Il carcere di Nuoro – ha aggiunto il governatore sardo – è una struttura che non ha caratteristiche compatibili per ospitare detenuti sottoposti al regime 41 bis. All’iniziale soddisfazione per avere assicurato alla giustizia l’esponente della malavita camorrista, ora si aggiunge l’amarezza per una decisione che può e deve essere modificata, anche perché la Sardegna ha già pagato il suo contributo in passato nell’aver ospitato boss della mafia”.

”Coinvolgeremo nuovamente i parlamentari sardi – ha detto il sindaco di Nuoro Sandro Bianchi – per capire se la notizia sia vera e per scongiurare un tale evento. Vorremmo, invece, risposte sulle vertenze Legler, Idea Motore”. ”Chiediamo a tutti i nuoresi di unirsi in una battaglia che dica no al super carcere” ha detto il segretario della Cisl-FP di Nuoro, Giorgio Mustaro. Il deputato di Idv, Federico Palomba, ha presentato apposita interrogazione al ministro della Giustizia Angelino Alfano.

L’arrivo di Iovine in Sardegna ha sollevato proteste anche nella Chiesa locale. Il vescovo di Nuoro, monsignor Pietro Meloni, durante la celebrazione della messa della Madonna delle Grazie, ha espresso preoccupazione così come ha fatto il parroco del quartiere di Badu ‘e Carros, don Pietro Borrozzu, che ha lanciato un allarme anche a nome delle famiglie di detenuti in semilibertà.

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