Sakineh, Iran sospende sentenza di lapidazione

di Redazione

SakinehROMA. “Il verdetto è stato fermato ed è sotto revisione”. Così il portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha annunciato la sospensione della pena alla lapidazione di Sakineh Mohammad Ashtian, la donna accusata di adulterio e condannata a morte.

Intanto, il Comitato dei diritti dell’uomo del parlamento iraniano ha accusato di “interferenze” e “propaganda”stati esteri comeItalia e Francia, scesiin difesa di Sakineh e bersagli di attacchidella stampadel paese islamico, in particolare nei confronti di Carla Bruni, moglie del presidente Nicolas Sarkozy (definita “prostituta”) e del premier italiano Silvio Berlusconi (“uomo immorale”, “capo della mafia”).”Tutte queste strategie sono illegali e sono pura propaganda contro la Repubblica islamica” ha aggiunto Zohreh Elahian, uno dei componenti del Comitatodel Parlamento (Majlis) per la sicurezza nazionale e politica estera.

PARLAMENTO UE AFFRONTA ALTRI CASI. Dall’Europa, invece, il Parlamento di Strasburgo ha approvato con un solo voto contrario una risoluzione di tutti i gruppi parlamentari di condanna dell’Iran: 658 i voti a favore, 22 le astensioni su un testo che in 21 punti tocca anche i casi di Zahra Bahrami (cittadina olandese imprigionata dal regime di Teheran), del diciottenne Ebrahim Hamidi, condannato a morte per sodomia. Per il caso di Sakineh la risoluzione “condanna fermamente la condanna a morte per lapidazione, sollecita le autorità iraniane a sospendere la sentenza inflitta e ad avviare una completa revisione del suo caso, esprime la sua profonda costernazione per il fatto che l’Iran continui a trovarsi nel gruppo dei pochissimi paesi, insieme all’Afghanistan, la Somalia, L’Arabia Saudita, il Sudan e la Nigeria, che ancora praticano la lapidazione”. Inoltre, “esprime la propria opposizione a qualsiasi criminalizzazione di relazioni sessuali consensuali tra adulti e sollecita le autorità iraniane a depenalizzare l’adulterio e l’omosessualità ed invita la repubblica islamica ad eliminare, di fatto e di diritto, tutte le forme di tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti nonchè a firmare e ratificare la convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne”. Nelle premesse del testo è scritto, a proposito della vicenda Bahrami, che la attivista è in carcere “un anno dopo le elezioni presidenziali fraudolente e le successive proteste di massa”.

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