Casa a Montecarlo, gli otto chiarimenti di Fini

di Redazione

Gianfranco Fini ROMA. “In quasi trenta anni di impegno parlamentare non ho mai avuto problemi di sorta con la giustizia e non ho assolutamente niente da nascondere nè tantomeno da temere per la vicenda monegasca.

Pertanto, chi spera che in futuro io sia costretto a desistere dal porre il tema della trasparenza e della legalità nella politica è meglio che si rassegni”. Lo afferma Gianfranco Fini in una lunga nota nella quale spiega nel dettaglio la vicenda della casa di An a Montecarlo.

“Un’inchiesta della Magistratura accerterà se sulla vicenda della casa a Montecarlo sono state commesse irregolarità o violazioni di legge. È la ragione per cui mi sono fino ad oggi limitato ad affermare ‘Ben vengano le indaginì. A differenza di altri non ho l’abitudine di strillare contro i magistrati comunisti…”. “Secondo molti la rilevanza che il caso ha assunto dovrebbe spingermi a chiarire rapidamente, senza attendere interrogatori e rogatorie internazionali, alcuni punti non facilmente comprensibili per l’opinione pubblica. Premesso che il caso è diventato tale per l’ossessiva campagna mediatica dei giornali berlusconiani, che fingono di ignorare che la vicenda non ha ad oggetto soldi o beni pubblici ma solo la gestione di una eredità a favore di An, sento comunque il dovere di fare chiarezza per cio di cui sono a conoscenza”.

Fini traccia otto punti per spiegare la vicenda:

1) L’appartamento di Montecarlo (peraltro di modeste dimensioni) fu valutato, quando venne in possesso di An, circa 450 milioni di lire e per tale valore fu regolarmente iscritto a bilancio. La stima fu fatta dalla societa che amministra il condominio ed è stata spontaneamente esibita agli inquirenti insieme con gli altri documenti richiesti.

2) Chi ebbe modo di visitare l’appartamento, l’onorevole Lamorte e la signora Marino, mia segretaria particolare, riferirono che esso era in condizioni fatiscenti, inabitabile senza cospicue spese di ristrutturazione.

3) Non corrisponde al vero che siano state avanzate a me o, per quel che mi risulta, all’amministratore Pontone o ad altri proposte formali di acquisto.

4) Nel 2008 Giancarlo Tulliani mi disse che, in base alle sue relazioni e conoscenze del settore immobiliare a Montecarlo, una società era interessata ad acquistare l’appartamento, notoriamente abbandonato da anni.

5) Verificato dagli Uffici di An che l’offerta di acquisto era superiore al valore stimato (300mila euro a fronte di450 milioni di lire) e in ragione del fatto che il bene rappresentava unicamente un onere per An (spese di condominio ed altro), autorizzai il senatore Pontone alla vendita come accaduto altre volte in casi analoghi.

6) Solo per restare nell’ambito dell’eredità Colleoni, alcuni terreni a Monterotondo, un appartamento ad Ostia ed uno in Viale Somalia a Roma furono venduti in tempi diversi con le medesime modalità. In nessuna occasione, a partire dalle assemblee nazionali convocate secondo statuto per l’approvazione dei bilanci, alcun dirigente di An contestò o sollevò perplessità sulle avvenute vendite essendo evidente che la giusta battaglia cui faceva riferimento il testamento consisteva nel rafforzamento del partito anche attraverso nuovi introiti finanziari e non certo attraverso l’utilizzo di terreni o appartamenti (specie se all’estero) non necessari all’attività politica.

7) La vendita dell’appartamento è avvenuta il 15 ottobre 2008 dinanzi al notaio Aureglia Caruso e sulla natura giudica della società acquirente e sui successivi trasferimenti non so assolutamente nulla.

8) Qualche tempo dopo la vendita ho appreso da Elisabetta Tulliani che il fratello Giancarlo aveva in locazione l’appartamento. La mia sorpresa ed il mio disappunto possono essere facilmente intuiti”.

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