Pdl, Berlusconi scarica Fini: “Non abbiamo più fiducia”

di Redazione

Berlusconi-FiniROMA. Non espulsione, ma dura censura politica e “sospensione” per alcuni mesi (da tre a sei) dal Popolo della Libertà, in attesa di un ravvedimento dei finiani.

Questa l’indicazione emersa dall’ufficio di presidenza del Pdl, che è stato convocato alle 19 di giovedì 29 luglio dopo che nel pomeriggio si era concluso a Palazzo Grazioli il vertice tra Silvio Berlusconi e lo stato maggiore del partito per fare il punto della situazione. All’incontro hanno partecipato i tre coordinatori nazionali Sandro Bondi, Denis Verdini e Ignazio La Russa, i capigruppo di Senato e Camera Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, e il vicepresidente dei senatori Gaetano Quagliariello. Presenti anche il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ed il legale del premier, il deputato Niccolò Ghedini.

BERLUSCONI: “VENUTA MENO LA FIDUCIA”. “Non ci sono più le condizioni per restare nella stessa casa”. Questo l’inizio del documento nel quale i finianiItalo Bocchino, Carmelo Briguglio e Fabio Granata vengono considerati politicamente fuori dal Pdl, dalle cui posizioni si sono troppo “discostati”.Non espulsi, ma sospesi e deferiti ai probiviri. Per Fini, invece, nessun provvedimento, anche se “viene meno la fiducia nel ruolo di garanzia del presidente della Camera. Non è mai successo che la terza carica dello Stato assumesse un ruolo politico” facendo “una vera e propria opposizione, critiche in sintonia con la sinistra e con una struttura organizzativa sul territorio. Abbiamo tutti ritenuto che il Pdl non potesse pagare il prezzo troppo alto di mostrarsi un partito diviso”, ha detto Berlusconi nella conferenza stampa seguente all’ufficio di presidenza. “Si è presentato un dissenso da parte di Fini e degli uomini a lui vicini nei confronti del governo, della maggioranza e del presidente del Consiglio. Io non ho mai risposto, anzi ho sempre smentito i virgolettati che mi hanno attribuito. Abbiamo tenuto un comportamento responsabile, visto il momento di crisi che viviamo”, ha proseguito il Cavaliere. “Abbiamo provato in tutti i modi a ricucire con Fini, ma non è stato possibile. Non sono più disposto ad accettare il dissenso, un vero partito nel partito”. Ci sarà un voto di sfiducia della maggioranza del Pdl alla Camera nei confronti di Fini?, è stato chiesto a Berlusconi. “Lasciamo che siano i membri del Parlamento ad assumere iniziative al riguardo”, ha risposto il leader del Popolo della libertà.

DOCUMENTO. Il documento votato a maggioranza (33 favorevoli, contrari Urso, Viespoli e Ronchi) afferma che “l’unico breve periodo in cui Fini ha rivendicato nei fatti un ruolo superpartes è stato durante la campagna elettorale per le regionali al fine di giustificare l’assenza di un suo sostegno ai candidati del Pdl”. Inoltre: “Non si tratta di mettere in discussione la possibilità di esprimere il proprio dissenso in un partito democratico, possibilità che non è mai stata minimamente limitata o resa impossibile” ma “le posizioni di Fini si sono manifestate non come un legittimo dissenso, bensì come uno stillicidio di distinguo o contrarietà nei confronti del programma di governo come una critica demolitoria alle decisioni prese dal partito”.

“IL GOVERNO NON E’ A RISCHIO”.In ogni caso, ha detto Berlusconi, il governo non è a rischio. “La maggioranza salda, il governo non è a rischio”. La decisione sulla permanenza di esponenti vicini a Fini nel governo “verrà assunto in sede” di esecutivo, ma “io non ho difficoltà a continuare la collaborazione con validi membri del governo”, ha aggiunto il premier.

FINI: “NON MI DIMETTO”. E PREPARA GRUPPO. La risposta di Fini non si è fatta attendere: “La presidenza della Camera non è nella disponibilità del presidente del Consiglio, io non mi dimetto”. Intanto i deputati finiani hanno firmato una lettera di dimissioni dal gruppo parlamentare del Pdl della Camera. Queste lettere sono nelle mani del presidente della Camera che, spiegano i firmatari, le userà “a seconda di quello che accadrà”. Per quanto riguarda la possibilità di formare un gruppo di finiani al Senato sarebbero pronti a entrare nelle file di Fini anche i senatori Adriana Poli Bortone e Giovanni Pistorio.

FINI POTREBBE RICORRERE AL GIUDICE. La via della sospensione e non quella dell’espulsione, sarebbe stata presa di fronte a una minaccia di ricorrere alle vie legali da parte di Fini. Il presidente della Camera, riferiscono fonti parlamentari, in caso di espulsione potrebbe ricorrere al giudice ordinario sulla base dell’articolo 700 del Codice di procedura civile. Fini ha rivelato il progetto ad alcuni dei suoi. Il piano al momento resta l’ultima risorsa, ma porterebbe il Pdl nelle mani della magistratura. L’ex leader di An potrebbe infatti chiedere immediatamente, attraverso la magistratura, il reintegro degli esponenti sospesi dal partito. “Avrebbe anche buone possibilità di riuscita”, ammette una fonte parlamentare del partito. Ma il ricorso naturalmente avrebbe conseguenze politiche devastanti, proprio in un momento in cui il presidente del Consiglio vorrebbe fare alla Camera un discorso sull’uso politico della giustizia. Nel Pdl c’è chi dice che il premier ci avrebbe ripensato, potrebbe non affrontare ora il tema della riforma, rimandarlo a settembre; altri, invece, parlano di un testo già pronto da leggere martedì in Aula. “Ma in ogni caso un ricorso solleverebbe un altro polverone e – riflette un deputato berlusconiano – porterebbe il partito sotto la lente di ingrandimento della magistratura provocando ulteriori danni di immagine…”.

NOTTE DI PASSIONE A PALAZZO GRAZIOLI. La decisione arriva dopo una notte di passione per il Pdl alla fine della quale, dopo un lungo confronto al quale ha preso parte anche Giuliano Ferrara, si è deciso che l’offerta di tregua di Gianfranco Fini è giunta fuori tempo massimo. “Resettiamo tutto e onoriamo l’impegno con gli italiani”, aveva detto il presidente della Camera inun’intervista su Il Foglio.Nel vertice durato oltre quattro ore a Palazzo Grazioli, il premier Silvio Berlusconi e gli altri presenti hanno ribadito la posizione già assunta al mattino e messa nero su bianco in nottata in un duro documento di censura politica nei confronti del cofondatore del Pdl considerato ormai da tempo lontano dalla linea del partito.

LA VISITA DI FERRARA. A Palazzo Grazioli era arrivato anche il direttore del Foglio Giuliano Ferrara che aveva raccolto in un “colloquio-intervista” l’appello dell’ex leader di An a ribadire le ragioni dell’unità. Quando era da poco passata la mezzanotte Ferrara, in camicia di lino e sandali francescani, lasciava Palazzo Grazioli dove era ancora in corso il vertice chiamato a decidere sulle sorti del partito e sul controverso rapporto tra i due cofondatori: “Ero qui solo per una chiacchierata con un vecchio amico”, ha detto Ferrara sorridendo prima di inforcare la sua Vespa rossa.

BOSSI. Sull’imminente rottura dell’asse Berlusconi-Fini s’era espresso, nella serata di mercoledì, anche il leaderdella LegaUmberto Bossi: “Ognuno andrà per la sua strada. Se non si trovano, se non si incontrano, ognuno andrà per la sua strada”. Il senatùr aveva però subito precisato: “Questo non vuol dire che si vada alle elezioni”.

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