Casalesi, sequestrati beni per 660 milioni a figli del prestanome boss

di Redazione

Dante PassarelliCASERTA. I carabinieri del comando provinciale di Caserta hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo emesso, per reati di riciclaggio, dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli …

… (dottor Federico Cafiero de Raho, dottor Raffaello Falcone e dottor Alessandro D’Alessio) nei confronti di alcuni degli eredi di Dante Passarelli (nella foto), in particolare i figli Franco, Biagio, Davide e Gianluca, nonché le nuore Susanna Cantelli e Clelia Natale.

L’uomo, ex magnate dello zucchero, che dominava negli anni ’90 il mercato delle forniture in bar e negozi, morì in circostanze misteriose nel 2004, cadendo dal suo terrazzo, ed era considerato il prestanome dei boss Francesco Schiavone, alias “Sandokan”, e Francesco Bidognetti, alias “Cicciotto ‘e mezzanotte”.

Il provvedimento trae origine dalle indagini patrimoniali sviluppate nell’ambito dell’indagine “Nuova Calatia”, conclusasi il 17 marzo 2009 con 28 arresti eseguiti dai carabinieri di Caserta. L’operazione colpì esponenti del clan Farina-Martino-Micilllo, operante a Maddaloni e comuni limitrofi, nonché affiliati al clan Belforte e “dei casalesi”. In particolare i fratelli Franco e Biagio Passarelli emersero, quale anello di congiunzione tra il sodalizio criminale di Casal di Principe e quello maddalonese, nella gestione di alcune estorsioni ai danni dell’“Alvi Spa”, società proprietaria di una catena di supermercati presenti in tutta la regione (Franco è tuttora detenuto per tale capo d’imputazione).

In sostanza, le indagini hanno consentito di accertare, attraverso le fonti di prova costituite dalla vicenda dell’estorsione “Alvi”, dalle intercettazioni svolte, dagli interrogatori resi dal collaboratore Antonio Farina e da quelli dello stesso Franco Passarelli e di Vincenzo Cantiello, detto “’O Doich”, che gli eredi Passarelli, consapevoli, per un verso, dell’illecita provenienza del capitale ereditato dal genitore e, per altro, della notevole capacità di riciclaggio che tale capitale, ed in primis la “Ipam”, era in grado di realizzare, hanno posto in essere ulteriori condotte di “ripulitura”.

Accertata la natura illecita dell’“Ipam”, frutto del reimpiego dei capitali del clan “dei casalesi”, come si evince dal processo “Spartacus”, le indagini hanno dimostrato che i figli di Passarelli, anche attraverso l’interposizione delle mogli, hanno posto in essere ulteriori attività di riciclaggio volte ad evitare che la provenienza dei beni fortunosamente riottenuti in seguito al decesso del padre, potesse essere oggetto, come poi è stato, di ulteriori attenzioni investigative.

L’esigenza che si è posta ai Passarelli è stata dunque quella di sostituire progressivamente le attività già facenti capo al deceduto genitore con nuove attività (di qui la nascita della “Commerciale Europea”, più nota come “Kero’”, in parallelo con lo svuotamento dell’ “Ipam”) che occultassero l’illecita genesi dei beni ricevuti. Tale condotta aveva, infatti, sortito un esito positivo considerato che la “Commerciale Europea” era sfuggita al Decreto di sequestro adottato dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nell’aprile scorso, provvedimento che si è limitato a colpire la sola “scatola vuota” della “Ipam”.

Quanto alla contestazione del delitto di riciclaggio, questa deriva dal fatto che gli stessi, in concorso tra loro ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso, hanno agito al fine di occultare e reiterare gli effetti del delitto presupposto (associazione mafiosa contestata a Dante Passarelli), ponendo in essere atti diretti ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei capitali investiti per l’acquisto di beni mobili ed immobili e per finanziare società aziendali e di capitali direttamente – o mediatamente – realizzate col patrimonio illecitamente acquisito da Dante, quale affiliato al clan dei casalesi.

L’attività di reimpiego dei capitali illeciti ha luogo in un’epoca precedente alla morte di Passarelli, essendo gli stessi fratelli Passarelli formalmente proprietari dell’Ipam ed avendo operato con tale azienda anche quando il padre era in vita. Da qui la contestazione agli odierni indagati del delitto di riciclaggio, con condotta tuttora perdurante, a partire dal 1996, data di riferimento per la contestazione del reato di associazione mafiosa a carico di Dante Passarelli.

Nel corso dell’operazione, svolta nelle province di Caserta, Napoli e Roma, si è proceduto al sequestro di 6 aziende, di cui 2 opifici industriali per la lavorazione, impacchettamento e distribuzione all’ingrosso dello zucchero e 2 società immobiliari, nonché beni mobili ed immobili, conti correnti bancari e postali, per un valore complessivo non inferiore a 660 milioni di euro.

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