Marea nera, nuova perdita. Allarme anche in Cina

di Redazione

 Ancora brutte notizie per la Bp, gli ingegneri del colosso petrolifero hanno individuato un’altra fuoriuscita di greggio sul letto oceanico vicino al pozzo Macondo.

E adesso il timore è che la fuga sia dovuta alla cupola di contenimento collocata la scorsa settimana sul pozzo danneggiato della Bp. L’annuncio è stato dato domenica notte dalle autorità statunitensi le quali, molto preoccupate, hanno chiesto all’azienda britannica di accertare la situazione e tenersi pronta alla riapertura del pozzo appena sigillato.

Poche ore prima l’azienda britannica si era detta ottimista sul funzionamento del dispositivo che ha contribuito a sigillare il pozzo dal quale, da settimane, fuoriesce petrolio nel Golfo del Messico. In serata tuttavia il governo ha diffuso una lettera dell’ex ammiraglio della Guardia Costiera Ted Allen, responsabile statunitense della pulizia, indirizzata a Bob Dudley, capo delle operazioni in loco della Bp, nel quale si fa riferimento a una nuova perdita e ad altre “anomalie” di natura sconosciuta. “Vi invito pertanto a fornirmi al più presto una procedura scritta per riaprire la valvola (del pozzo Macondo), qualora la fuoriuscita di idrocarburi presso il pozzo fosse confermata”.

La Bp ha installato la scorsa settimana un’enorme campana sull’orifizio da cui fuoriesce greggio nel mare e che, da giovedì, funziona come una specie di tappo. Sempre da giovedì l’azienda sta realizzando anche i test di pressione per verificare se il pozzo sia in buono stato. Allen ha fatto notare che i livelli di pressione sono inferiori al previsto e ha esortato a capire i motivi. Le cause, ha spiegato, potrebbero essere due: o è diminuita la quantità di petrolio nel pozzo o ci sono potenziali fughe dovute a danni nella struttura. Il timore del governo Usa è che il tappo possa spingere il petrolio a defluire da altri punti se la struttura del pozzo è fragile.

NUOVA MAREA NERA ANCHE IN CINA. Intanto, anche in Cina scoppia l’emergenza marea nera. E’ lotta contro il tempo a Dalian per arginare la chiazza di petrolio di 50 chilometri quadrati riversatosi in mare dopo l’esplosione di due condutture nel porto nordorientale del Paese. Il colosso petrolifero PetroChina, che controlla le due più grandi raffinerie a Dalian, ha messo a punto un piano d’emergenza. “Il porto è stato chiuso subito dopo l’esplosione”, ha spiegato l’amministratore delegato della societa’ petrolifera, “abbiamo attivato un piano d’emergenza di una settimana, ma speriamo che la marea nera possa essere ripulita al più presto possibile”.

L’incidente – ha sottolineato la società – non ha causato alcun danno diretto ai principali impianti petroliferi ed è limitato alle strutture collaterali. “Sono ancora da valutare l’entità dei danni e le perdite di petrolio provocate dall’incidente”, ha aggiunto la società. Centinaia di vigili del fuoco hanno lottato per oltre 15 ore per spegnere l’incendio scoppiato nella notte di venerdì, dopo l’esplosione di una conduttura per il trasporto del greggio da una nave a un serbatoio di stoccaggio. Nell’incidente, che non ha causato vittime, è esploso anche un secondo oleodotto.

La televisione di Stato ha fatto sapere che il petrolio ha contaminato le acque al largo della provincia di Liaoning e i soccorritori stanno utilizzando apparecchiature di filtraggio e disperdenti per ripulire il porto e le zone circostanti. Non sono ancora chiare le cause dell’incidente, avvenuto mentre una nave petrolifera battente bandiera liberiana stava scaricando il greggio nell’impianto di stoccaggio.

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