P3: Berlusconi “Cesare” e il “baratto” Lodo Alfano-Cosentino

di Antonio Taglialatela

Silvio BerlusconiCASALE. E nell’inchiesta sulla “nuova P2”, meglio ribattezzata “P3”, tra le conversazioni intercettate della presunta cricca guidata da Flavio Carboni, spunta anche un certo “Cesare”, che sarebbe il nome in codice del premier Silvio Berlusconi.

Nessun dubbio per gli inquirenti: la persone di cui parlano Carboni, il tributarista Pasquale Lombardi e l’imprenditore campano Arcangelo Martino, è il presidente del Consiglio, il quale, dunque, sarebbe stato a conoscenza degli affari e delle manovre occulte dell’organizzazione: come i tentativi di condizionare la Corte Costituzionale sul lodo Alfano e il complotto contro il governatore campano Stefano Caldoro.

Lo pseudonimo di “Cesare” viene utilizzato prima e dopo il pranzo del 23 settembre 2009, quando, a casa del coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, quest’ultimo, Carboni e soci, il senatore Marcello Dell’Utri e il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, avrebbero studiato un piano per condizionare la Consulta sul provvedimento, poi bocciato, che avrebbe garantito immunità alle più alte cariche dello Stato. “Amma vedè Cesare”, dice Lombardi a Caliendo, e parlando della Consulta sottolinea: “Bisogna vedere quanti sono i nostri e quanti sono i loro, per cui se potimm’ correre ai ripari”. Lombardi poi invita Caliendo a vedersi “ogni giorno, ogni settimana” per “capire dove sta ‘o ‘bbuono e dove ‘o malamente”.

Sempre al telefono, Dell’Utri ritiene che è stato “un ottimo incontro”, chiedendo a Lombardi di tenerlo informato e affermano che “l’uomo” era “soddisfatto”. Questo “uomo”, secondo gli inquirenti, potrebbe essere “Cesare”, al secolo Berlusconi.

In un’altra telefonata c’è Flavio Carboni che parla con Martino del complotto per screditare la candidatura di Stefano Caldoro alla presidenza della Regione Campania (tentativo che sarebbe stato compiuto per favorire la candidatura di Nicola Cosentino, anch’egli coinvolto nell’inchiesta e dimessosi da sottosegretario all’Economia, ndr). Riferendosi al falso dossier su Caldoro (che doveva provocare uno scandalo simile a quello di Marrazzo), Carboni dice che “è arrivato nelle stanze di Cesare”. A testimonianza del fatto che Cosentino, sempre secondo gli inquirenti, fosse a conoscenza del complotto, c’è una telefonata tra lui e Lombardi. Quest’ultimo dice di aver “mostrato i denti” durante un incontro avuto con Dell’Utri e Verdini e che la prossima settimana avrebbe incontrato “Cesare” per proporgli un “baratto”: il via libera della Corte Costuzionale al Lodo Alfano (grazie alle pressioni esercitate dalla cricca) in cambio della candidatura del politico di Casal di Principe alla carica di governatore campano. “Lui (Cesare, ndr) – dice Lombardi a Cosentino – è rimasto contento per quello che gli stiamo facendo per il 6 e allora giustamente chell’ che diceva Arcangelo lui ci deve dare qualche cosa e ci deve dare te e non adda scassà ‘o cazz’. Te pare?”.

A smentire tutta la ricostruzione dei carabinieri è l’avvocato del premier, Niccolò Ghedini: “E’ un’interpretazione inveritiera e ridicola. Nessun contatto, diretto o indiretto, vi è stato per queste vicende tra Berlusconi e i soggetti indicati”.

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