Pdl, Alemanno: “Per il dopo Berlusconi ci sono io”

di Redazione

Gianni AlemannoROMA. Si torna a parlare del dopo Berlusconi, uno dei temi tabù, ma sempre sussurrati, all’interno del Pdl.

Questa volta a buttarsi in gioco, in prima persona, è Gianni Alemanno che, in un’intervista a Il Foglio, si lancia in una previsione su come sarà il Popolo della Libertà del futuro. Un partito collegiale in cui il sindaco di Roma vuole occupare un posto di primo piano. Il Pdl, dice, “sarà governato da un gruppo di dieci o venti dirigenti e non ho problemi a dirlo: mi piacerebbe moltissimo far parte di quella squadra che scriverà il dopo Berlusconi”.

Alemanno sembra voler dire basta ai partito personalistici, guidati per anni dalle stesse forti figure carismatiche e auspica quasi un ritorno ai modelli di partito della Prima Repubblica. “Chiunque faccia parte del Popolo della libertà – dice – non deve aver paura ad ammettere che il Pdl non è un progetto reversibile, costruito su una o due persone, ma è una necessità storica che deve procedere anche prescindendo da leadership”.

“Senza volere essere troppo provocatori, io credo – confida il sindaco della Capitale – che il Pdl possa esistere senza Fini e sono convinto che il Pdl potrà esistere, e anzi dovrà esistere, anche senza Berlusconi”. “Sarebbe sciocco credere – conclude Alemanno – che un giorno, quando accadrà, saremo in grado di trovare un Silvio Berlusconi che sostituisca Silvio Berlusconi. E’ impossibile. Il famoso dopo Berlusconi, che prima o poi arriverà, non sarà governato da una persona singola: non potrà essere così”.

Tornando al presente, invece, rispetto all’attuale spaccatura tra finiani e berlusconiani, il sindaco di Roma è ben attento a non allontanarsi troppo da nessuno dei due contendenti. “Mi sento berlusconiano nella cultura del fare (un po’ anche per la mia formazione da ingegnere) mentre posso dire di sentirmi meno lontano da Fini per quanto riguarda il rispetto dell’unità nazionale e per l’attenzione al senso dello stato”. “Non mi sento berlusconiano – prosegue Alemanno – per certe concessioni alla cultura consumistica, mentre non mi sento finiano per troppe rotture progressiste fatte da Fini”.

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