Pizzo su albergo confiscato, in carcere Borrata e il figlio

di Redazione

da sin. Francesco e Giuseppe BorrataCASAL DI PRINCIPE. La Dia di Napoli ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Napoli su richiesta di questa Dda (sostituti procuratori Raffaello Falcone e Alessandro Milita), nei confronti di affiliati al clan dei Casalesi.

I provvedimenti riguardano Francesco Borrata, 57 anni, il figlio Giuseppe Borrata, 27, di Casal di Principe, e Luciano Molfini, 64 anni, assicuratore, residente nel quartiere napoletano di Posillipo, ritenuti responsabili di una serie di episodi delittuosi che ruotano intorno alle vicende relative ad una struttura alberghiera “Royal Domitio”sita a Castel Volturno (Caserta), in località “Ischitella”, sul litorale domizio, sotto amministrazione giudiziaria in quanto sequestrata nel 2004 e confiscata nel 2005 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ritenuta nella disponibilità di Francesco Borrata, già sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.

Le indagini hanno evidenziato che Francesco Borrata, nonostante fosse stato ufficialmente estromesso dalla gestione dell’albergo, di fatto continuava a gestire l’immobile imponendo tangenti estorsive sia all’affittuario che agli stessi dipendenti dell’albergo dai quali pretendeva un terzo dello stipendio.

il King HotelTra l’altro”contro ogni logica”, Borrata “ha anche potuto scontare gli arresti domiciliari per una pregressa condanna nello stesso immobile”. A sottolinearlo è la nota della Dia di Napoli che ha eseguito le ordinanze. Il gip ha disposto il sequestro di un’altra struttura alberghiera, il “King Hotel” di via Rossini (nella foto a destra), che è stato eseguito sempre dalla Dia e dalla Guardia di Finanza di Mondragone.

LE ESTORSIONI. Nella struttura venivano svolti corsi di formazione da parte di una società il cui titolare, dal 2004, aveva stipulato un contratto di comodato per la conduzione di parte dell’albergo. Borrata, però, aveva stipulato un suo di “contratto”, che prevedeva “penali” comedanneggiamenti e azioni lesive se il titolare non avesse ottemperato alle sue direttive. Da qui l’accusa di tentata estorsione continuata, aggravata dal metodo mafioso. Prima di trovare questa soluzione, Borrata aveva tentato egli stesso di riappropriarsi dell’albergo, attraverso la complicità di Luciano Molfini, che risultava amministratore unico. Fallito il tentativo, aveva optato per l’estorsione all’affittuario, con l’intento di costringerlo a fargli stipulare un contratto in base al quale l’albergo facente capo a Molfini avesse la possibilità di gestire direttamente la struttura sotto amministrazione giudiziaria. Per raggiungere tale scopo, già di per sé illecito in quanto volto a vanificare il provvedimento di sequestro e confisca adottato dal Tribunale sammaritano, Borrata minacciava in più occasioni l’imprenditore, palesando, più volte, la possibilità di “far saltare in aria” la struttura alberghiera.

DIPENDENTI COSTRETTI A VERSARE PARTE STIPENDIO. Dalle indagini è emerso, inoltre, che Borrata e il figlio Giuseppe costringevano alcuni dipendenti dell’albergo confiscato a consegnare loro un terzo dello stipendio, pari a300 euro sulla retribuzione di 900 ad essi corrisposta dall’amministratore giudiziario. I dipendenti venivano accompagnati in banca e, dopo il cambio degli assegni, consegnavano parte del proprio stipendio ai Borrata. Un altro episodio riguarda il reato di usura compiuto da Borrata ai danni di un dipendente dell’albergo. Approfittando dello stato di bisogno del dipendente, gli elargiva un prestito a tassi usurari, pretendendo la cessione della sua autovettura a fronte del mancato pagamento.

LE FRODI ALL’AIMA. Franceco Borratanel 1998 è stato arrestato nell’ambito delle indagini per le frodi all’Aima (Azienda di Stato per gli interventi sul Mercato Agricolo), in cui si ipotizzava che, insieme con i fratelli, avesse un ruolo importante nell’organizzazione e nella gestione delle truffe comunitarie. Per questa vicenda è stato condannato dalla prima sezione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza del dicembre 2003, a cinque anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo camorristico. Mentre i fratelli Gennaro, Luigi e Nicola sono stati assolti dall’addebito di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo camorristico. Nonostante tale assoluzione il tribunale ha ritenuto sufficienti gli indizi rilevati ritenendoli “partecipi all’associazione dei ‘casalesi’ ricoprendo un ruolo di un certo rilievo nelle vicende legate alle maxi truffe operate ai danni dell’Aima anche nell’ interesse del sodalizio”.

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