Isabella Ferrari e Pupi Avati, tocco di classe al Napoli Film Festival

di Gaetano Bencivenga

Isabella FerrariPupi AvatiNAPOLI. Continuano incessanti gli arrivi importanti a Castel Sant’Elmo per la 12esima edizione del NFF. La serata dell’8 giugno è dedicata all’incontro “ravvicinato” con l’attrice Isabella Ferrari, donna d’indubbia eleganza e interprete raffinata del nostro cinema.

Piacentina d’origine, ha cominciato la sua carriera nel mondo dello spettacolo ad appena 16 anni all’indomani della sua vittoria nel concorso Miss Teenager. Il presidente della giuria di quella competizione, il regista e autore televisivo Gianni Boncompagni, ne diventa subito il pigmalione e la fa debuttare sul piccolo schermo nello show “Sotto le stelle”. La celebrità è immediata e la Ferrari si impone per la sua sensualità acerba ma intrigante. Un misto tra candore e morbosità, che la conduce direttamente a esordire sul grande schermo nel ruolo dell’ingenua Selvaggia nel blockbuster “Sapore di mare” (1982) di Carlo Vanzina. La svolta verso opere di maggiore impegno avviene, però, nel 1995 quando entra nel cast del film “Romanzo di un giovane povero” di Ettore Scola. In questa pregevole pellicola tiene sorprendentemente testa a un mostro sacro del calibro di Alberto Sordi e conquista al Festival di Venezia una Coppa Volpi come miglior non protagonista. Da quel momento il suo curriculum si arricchisce di performance sempre più ad alto livello, spaziando in diversi generi. Dall’action (i televisivi “Distretto di polizia” e “Distretto di polizia 2”) al dramma (“Arrivederci amore ciao”, 2006, di Michele Soavi, “Un giorno perfetto”, 2008, di Ferzan Ozpetek), passando per la commedia raffinata (“Il seme della discordia”, 2008, di Pappi Corsicato, “Due partite”, 2009, di Cristina Comencini, testo che ha recitato anche a teatro). Indelebile nella memoria collettiva rimane la scena di sesso “bollente” con Nanni Moretti nel discusso “Caos calmo” (2008) di Antonello Grimaldi. Alla kermesse partenopea viene presentato il lungometraggio “Amatemi”, diretto nel 2005 dal marito Renato De Maria.

La sera successiva è la volta del regista bolognese Pupi Avati, uno dei pochi autentici maestri che la Settima Arte nostrana attuale può vantare. Dopo aver tentato una carriera nel jazz, che rimane il suo primo e grande amore artistico, e aver persino lavorato in qualità di dirigente per una nota industria di prodotti surgelati, trova nel 1970 i finanziamenti per girare “Balsamus, l’uomo di Satana” e “Thomas e gli indemoniati”. Si tratta di due horror grotteschi che lo lanciano in un genere da lui frequentato a più riprese con ottimi risultati (“La casa dalle finestre che ridono”, 1976). Specializzatosi, poi, nella commedia amara e di memoria, raggiunge ragguardevoli e costanti riscontri al botteghino e plauso unanime della critica. Tra le pellicole più riuscite di una filmografia alquanto nutrita ricordiamo il nostalgico “Una gita scolastica” (1983), una delle pietre miliari del sodalizio professionale con l’attore Carlo Delle Piane, il dissacrante “Regalo di Natale” (1986), prima prova veramente convincente di Diego Abatantuono, il tenero “La seconda notte di nozze” (2005), vincente esordio sul grande schermo della cantante lirica Katia Ricciarelli, il drammatico “Il papà di Giovanna” (2008), con un Silvio Orlando da manuale. Al festival sarà proiettata, subito dopo l’intervista, la sua ultima fatica “Il figlio più piccolo” (2010), incentrata sulla figura di un imprenditore truffaldino e tipicamente italiano, interpretato da un inedito Christian De Sica, che per ovviare a un inevitabile fallimento non esita a mettere nei guai il sensibile e ignaro figlio.

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