“Alla Madonna di Loreto”, spettacolo di Iavazzo al Teatro Civico 14

di Redazione

 SANT’ARPINO. “Alla Madonna di Loreto”. E’ lo spettacolo, ideato e diretto dal regista Antonio Iavazzo, che sarà di scena al Teatro Civico 14 di Caserta sabato 15 maggio, alle ore 21, e domenica 16 alle 19.

Un evento presentato dall’associazione “Il Colibrì” di Sant’Arpino, “Il Pendolo” di Caserta e “Itinerarte” di Portici (Napoli). Interpreti: Giovanni Arciprete, Monia Cirulli, Giancarlo Colella, Gregorio Corrado, Antonietta Del Prete, Giuseppe De Nubbio, Nunzia Lentino, Vincenzo Nappi, Luca Palmieri, Angela Panico, Michelina Porfidia, Marco Serra. Assistente alla regia: Monia Cirulli – Michelina Porfidia. Assistenti per i movimenti coreografici: Gregorio Corrado – Angela Panico. Costumi: Clorinda Marzocchella – Angela Tartaro – Carolina Raucci. Service make up: Nature di Marcella Moriello – Collaboratrice: Francesca Pisano. Direttore della fotografia: Vittorio Errico. Service video: Dino. Ufficio Stampa: Elpidio Iorio – Francesco Legnante. Consulenza amministrativa: Rosario Liguoro.

NOTE DI REGIA. Questa opera teatrale e musicale, ispirata all’universo delle opere buffe, è un atto unico dalle mille sfaccettature, ambientato nel settecento napoletano. Gioco rappresentativo di figure popolari, di elementi mitici e mistici, di rituali tra fede e paganesimo, di rimandi al vivere senza memoria di così drammatica attualità. Nella libera mescolanza di comico e di tragico è reso leggibile il continuo riscatto di quella parte di umanità (vedi il bacio che, a turno, le prostitute e l’en travesti danno al nobile), il popolo, che esorcizza e dissacra la vita per ottimizzare le proprie contingenti possibilità, ma che in realtà è depositaria dell’essenza sacra del mondo. La vita come rituale che, utilizzando il quotidiano, lo trasfigura e lo trascende. Nessun pensiero si cristallizza, ma tutto è in divenire fino all’agghiacciante apoteosi incantatoria e orgiastica. Il settecento, qui, evidenzia le sue note esoteriche e il tutto sembra dipanarsi come una sacra rappresentazione operante nel profano. La fusione lessicale tra vocaboli di ere e paesi diversi, nonché la contaminazione stilistica, creano una tecnica che diviene “l’Animus Theatri”, unica chiave per esorcizzare la morte. Così come l’ambiguità dei personaggi che si travestono e si trasformano, diviene denotazione di conflitti eterni che agitano la storia degli uomini. Un labirintico gioco rappresentativo, quindi, che frantuma la storia, si nutre di rito, di mito e blocca il tempo e lo spazio nella perenne attesa di una Domenica di Resurrezione che non avverrà mai. I personaggi, maschere drammatiche e dolenti, comiche e gaudenti allo stesso tempo, sembrano rimandare alla vita odierna pur non avendone in realtà nessuno elemento contestuale.Il settecento è qui sicuramente visto nella sua matrice essenziale, intrisa di una universale napoletanità, sia per la commistione tra serio e buffo, tra aulico e popolaresco, sia per la continua esaltazione di ogni cosa e del suo esatto opposto. Cosicché la razionalità del secolo dei lumi, coniugata al misticismo spiritualistico, retaggio e preludio del prima e dopo, si estrinseca in una forma multipla e sanguigna di stile teso a far risaltare i personaggi reali e concreti ponendoli in un ottica cosmopolita e pluridimensionale. Frantumazione e riassemblaggio, amalgama, genio e riformulazione caratterizzano questo lavoro che ho sicuramente vissuto con i miei attori, come una sfida tra la realtà e l’onirismo. In tale contesto spiccano, per la loro intrinseca necessità ed urgenza stilistica, le composizioni musicali e vocali elaborati, in versione inedita, dal Maestro Franco Reccia che ha saputo creare, in consonanza perfetta con il sentire registico e testuale, una impeccabile e straordinaria regia musicale e canora.

www.antonioiavazzo.it

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