“Le finestre dell’anima”, il libro di Alessandro Di Lorenzo

di Redazione

 ORTA DI ATELLA. Si intitola Le finestre dell’anima l’ultima fatica letteraria di Alessandro Di Lorenzo, un viaggio intimo e sereno tra le strade dell’antica perla della costiera amalfitana, Ravello.

Città e costiera che si pregiano tra tante testimonianze e onorificenze storiche, architettoniche, artistiche e paesaggistiche di essere stati dichiarati dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Finestre che aprono a piccoli e densi squarci di vita quotidiana raccontati con garbo e amorevole cura sentimentale e che diventano perciò in modo semplice e naturale luoghi e spazi dell’anima. Giovanni Bertolini, giovane architetto, io narrante e controfigura dell’autore, ci accompagna in questo viaggio a piedi tra le stradine di Ravello partendo dal suo Protostudio di Architettura come si legge su «… una bella targa di marmo bianco con incisioni in ottone, con una scritta del tutto ironica». E il lettore, che si accompagna alla sua guida, capisce già dalla descrizione di questo studio «Le scale d’ingresso sono in muratura, tinteggiate di uno splendido bianco mediterraneo. Il portoncino è di legno. È sempre lo stesso dagli anni ’50. Ogni tanto gli passo un additivo antipioggia e lo vernicio di noce antica», che l’operazione che si appresta a fare di chiudere i propri occhi per guardare il mondo di Ravello con gli occhi di un altro sarà gradevole e aggraziata da uno sguardo lieve, profondo, a volte ironico e sarcastico, sempre gentile e cortese. I diversi capitoli del racconto, dopo quello iniziale Lo studio di cui si diceva, prendono il nome dalle strade attraversate: via S. Margherita, via San Giovanni del Toro, via Episcopio, via Richard Wagner, piazza Duomo, Via Giovanni Boccaccio, Via S. Francesco, tranne uno Il cornetto filosofico che ha pur esso però la sua locazione nello spazio cittadino. Tutto ciò fa del lavoro, prima ancora che un racconto o romanzo, una sorta di reportage idilliaco dove le descrizioni ambientali e naturalistiche sono strettamente connesse ai personaggi che di volta in volta entrano in scena, ai loro sentimenti e allo loro storia.

«Le finestre hanno il potere di raccontare i mille intrecci della vita, le miriadi di storie che racchiudono in sé, che si intrecciano e ripartono da punti sempre nuovi, da situazioni sempre uniche …» cosi tra le storie che si incontrano per le stradine di Ravello vi è quella dei fratelli Marco e Maria la cui infanzia è chiusa dietro una finestra; del gesuita don Giuseppe Daddio abituato a ritrovare “l’essere nel Nulla” con la sua pipa e la sua tazza di the condita dai limoni della costiera. Ancora quella finestra che si apre sul Signor Carlo e Giuseppe, un padre sessantenne che racconta una fiaba a suo figlio che dondola su una sedia, al bagliore della foto di Flavia, moglie e madre, morta nel dare alla luce Giuseppe al quale, ormai trentenne, gli occhi continuano a dare solo ombre e guarda il mondo nelle fiabe che ascolta dal padre. Una finestra storica e internazionale è quella che si apre su Sir Thomas Hamilton e consorte: lui arrivato la prima volta in città ancora ventenne e poi con gli americani che sbarcarono a Salerno il 9 di settembre del 1943, innamorato dei profumi e colori della costiera è ritornato poi in Italia e qui piantato nuove e stabili radici. Obiettivo puntato su religione e sue ascendenze in Piazza Duomo: «La vera religiosità la si vede nella vita di tutti i giorni, dalla serenità che si trasmette al prossimo e dalla limpidezza dei sentimenti che traspaiono anche quando si versa il caffè nella tazza dell’amico o quando …».

Ancora americano è Steven del cornetto filosofico incontrato insieme a Stefano, l’amico galante, al tavolo di un bar con dei cornetti e tre cappuccini e immortalato nel rito del cornetto: «immerge il cornetto sempre perpendicolarmente alla tazza, calandolo con una velocità costantemente lenta. È rigorosamente estetico il suo modo di porsi alle cose … ». E tra le passeggiate non poteva mancare villa Rufolo dalla quale si accede alla terrazza che dà su Minori, Maiori e Capo d’Orso, qui ancora ospiti stranieri Charles e Sir James dove «La poesia narrata e dipinta delle cose si interseca alle loro passioni. Le carezze sono sempre discrete e prive di ogni materialità corporale. … il loro amore è puro come quello di due puttini michelangioleschi e naviga sereno contro ogni anatema e scomunica umana».

È questa la lunga/breve passeggiata di Giovanni Bertolini che si conclude attraversando via San Francesco, dove il lettore è condotto all’interno della finestra più grande, quella che racchiude tutte le altre, dove stanno Raffaele e Rosa: i due piccoli che «Mi guardano con gli occhi da cerbiatto, ritratto perfetto di quello della mamma …» e che stringono le mani di un padre che sa che quelle braccia lo coccoleranno in eterno, mentre ora dal terrazzo dell’infinito di Villa Cimbrone «… tutto ciò che i nostri occhi contemplano altro non è che una piccola finestra sulle passioni. Ci guardiamo negli occhi e semplicemente passeggiamo».

Su tutti i personaggi ritratti, aleggia invisibile, poiché privo anche del nome, la moglie di Giovanni Bertolini, presente oltre che negli occhi di Raffaele e Rosa, nel regalo di una penna che continua a suggellare nei segni della scrittura « … parole, linee, che si intersecano sui fogli delineando pensieri e forme senza tempo, ponendomi di continuo in quello spazio atemporale tra l’uomo e Dio, tra mia moglie e l’Universo».

Ritratti, schizzi, fotografie che stagliano immagini nitide e serene di una passeggiata che tra sogno e realtà concede al lettore attento momenti di piacevole evasione e insieme di intensa riflessione che non possono che concludersi con un sentimento di gratitudine verso l’architetto e scrittore Alessandro Di Lorenzo che ha saputo sottovoce e in modo così discreto spalancare la finestra della propria anima sull’infinito dolce e amaro della realtà.

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