Moro doveva essere liberato la notte prima della sua morte

di Redazione

Aldo MoroROMA. Emergono frammenti di verità sul caso Aldo Moro, a 32 anni dall’uccisione del presidente della Democrazia Cristiana.

Frammenti che confermano che Moro doveva essere rilasciato vivo il 9 maggio del 1978 e che qualcosa di imprevisto, non concordato, accadde quell’ultima notte.

LA “MISSIONE IMPOSSIBILE” DI MARTINI. Il 9 maggio 1978, Fulvio Martini – il dirigente dell’ufficio RS che curava i rapporti internazionali, di fatto il numero due del Sismi – si alzò molto presto. Alle 4 di mattina partì da solo, non armato, con la propria macchina da Venezia: destinazione la Jugoslavia. A cavallo fra aprile e maggio era maturata, anche su sollecitazione iniziale della famiglia Moro, la ‘pista jugoslava’ per la liberazione dello statista Dc sequestrato dalle Br il 16 marzo. Aveva il suo cardine nel maresciallo Tito e sulla sua possibilità di essere ‘cerniera’ tra Est ed Ovest (oltreché punto di passaggio di molti gruppi terroristici all’epoca) e di cui parlano ampiamente la relazione finale della commissione Moro, Giulio Andreotti e la stessa famiglia Moro.

“Alle 12 – ha rivelato Martini anni fa, rispondendo ad una richiesta di notizie per un libro sulla vicenda Moro – qualcuno mi fermò dietro un muro: era un uomo del servizio segreto militare. Il mio compito, quel giorno, era andare a prelevare i 3 della Raf che erano in mano a Tito, due uomini e una donna. Uomini della Raf che dissero di aver avuto rapporti con le Br a Milano. Mi portarono a Porto Rose e cominciammo a discutere. Gli jugoslavi avevano ipotizzato di scambiarli con i tedeschi chiedendo in cambio dei terroristi ustascia che erano stati arrestati a Bonn dopo un omicidio. Alle 16 arrivò la notizia del ritrovamento del cadavere di Moro, proprio mentre stavamo per discutere della situazione e delle notizie che avevamo raccolto. Chiamai Roma e mi dissero di rientrare subito”.

Una vicenda, quella della pista jugoslava e dei terroristi della Raf in mano a Tito, mai chiarita e che è ai margini della ricostruzione ufficiale del caso Moro anche se i riferimenti non mancano. Cossiga, ad esempio, ha detto più volte che il Sismi agì da solo, senza informarlo. Quei terroristi della Raf venivano da Milano ed avevano avuto contatti proprio con i Br che si opponevano alla morte di Moro.

Il 6 maggio 1978 fonti diplomatiche jugoslave rivelano che sono state arrestate ed espulse dalla Jugoslavia 3 tedesche che hanno gli stessi cognomi della banda Baader-Meinhof. Le donne hanno dato le generalità di Baader, Ensslin e Meinhof, morti suicidi nel carcere di Stammheim nel 1979. Il 29 maggio la Germania chiede l’estradizione per 4 terroristi – Brigitte Mohnhaupt, Rolf Clemens Wagner, Peter Boock e Sieglinde Hoffmann – che secondo i tedeschi sono stati arrestati il 20 di maggio in Jugoslavia. I 4 rappresentano di fatto lo stato maggiore del gruppo terroristico tedesco, legato a Ilich Ramirez Sanchez, detto Carlos, ‘lo Sciacallo’, il terrorista internazionale oggi in prigione francese. Il 30 maggio Belgrado conferma l’arresto dei terroristi tedeschi che erano in Jugoslavia – si sostiene – per organizzare un congresso della Raf. Il governo jugoslavo è disposto ad estradare i 4 terroristi e chiede sua volta l’estradizione dalla Repubblica Federale Tedesca di 8 ustascia.

Il 17 novembre 1978 la Jugoslavia rimette i 4 terroristi in libertà e li espelle dal suo territorio. E’ forte l’irritazione a Bonn. Il 20 dicembre 1978 il ministro dell’Interno di Bonn afferma che i 4 terroristi della Raf non si trovano in Libia e che la Mohnhaupt é sospettata di essere implicata nel rapimento di Aldo Moro. Il 2 settembre 1979 fonti vicine ai servizi di sicurezza tedeschi apprendono che i 4 si troverebbero a Baghdad in residenza sorvegliata.

Fin qui la storia di una “missione impossibile” da parte di uno dei più rispettati agenti segreti italiani, resa tale soprattutto dal ritrovamento della R4 rossa in via Caetani con il cadavere di Moro proprio mentre Martini sta trattando con gli jugoslavi. Un riferimento importante per contestualizzare e probabilmente “leggere” la vicenda lo ha dato proprio Carlos ‘lo Sciacallo’ nel marzo 2000 quando, intervistato da Il Messaggero, disse: “C’erano patrioti anti-Nato, inclusi alcuni generali, che erano partiti per aspettare il rilascio dei prigionieri e per salvare la vita a Moro e l’indipendenza dell’ Italia. Invece questi patrioti, inclusi alcuni generali, sono stati dimessi e costretti ad andare in pensione” (Martini in agosto abbandonò il servizio e i giornali parlarono apertamente di “epurazioni nei servizi segreti”, ndr). Afferma ancora Carlos in quella intervista: “A Milano avvenne questo fatto. Che rivoluzionari stranieri mentre stavano recandosi ad una riunione decisiva, per stabilire un contatto con un rappresentante dello stato, sono sfuggiti per un soffio all’arresto della polizia. Gli agenti stavano cercando di intercettare i loro principali ospiti stranieri di cui possedevano, nelle loro mani, foto e dettagli sulla loro identità”. A conferma di questa sua ‘lettura’ della trattativa, Carlos fa una rivelazione, forse importante: “All’aeroporto di Beirut un jet Executive dei servizi segreti italiani rimase in attesa a lungo aspettando un contatto con le Br attraverso gente estranea alla resistenza palestinese. Non c’erano uomini di Al Fatah”.

Nel 2008, intervistato dall’Ansa Carlos fornisce un ulteriore tassello che si incastra con gli altri: ci fu un ultimo, estremo tentativo di salvare Moro che ebbe come scenario la pista dell’ aeroporto di Beirut dove un executive dei servizi segreti italiani attese invano, l’8 e il 9 maggio del 1978, che a Roma una certa situazione si sbloccasse. Una fazione dei servizi segreti italiani, favorevole allo scambio, avrebbe dovuto prelevare dalle prigioni alcuni Br che dovevano essere portati in un Paese arabo. A bordo di quel jet c’erano il colonnello Stefano Giovannone, uomo del Sismi legato a Moro, ed esponenti dell’Fplp, garantiti e sotto la protezione dello Stato italiano. Le cose però saltarono per l’intervento di qualcosa o di qualcuno quell’ultima notte.

UN FASCICOLO NELL’ARCHIVIO STASI. Ci sono molte carte riguardanti la vicenda Moro enegli archivi della Stasi (servizi segreti della ex Germania Est). A rivelarlo è la nuova edizione accresciuta ed aggiornata di un fortunato libro scritto da Antonio Selvatici: ‘Chi spiava i terroristi. Kgb, Stasi-Br, Raf’, edito dalla Pentdragon.

Il libro segnala che, tra i molti incartamenti dedicati alle Br, c’é una scheda intestata al brigatistaValerio Morucci in cui, sul retro, si rinvia ad un non meglio precisato ‘Archivio Moro’. “Nonostante abbia sollecitato ricerche accurate – scrive Selvatici – gli archivisti di Berlino non hanno trovato nulla. Probabilmente è stato distrutto. Forse sarebbe stato possibile riscrivere una delle pagine più oscure della storia della Repubblica”.

Tra le molte ‘informative’ riguardanti le Br anche una sul 1980. “Numerosi terroristi italiani, così come membri di organizzazioni terroristiche della Germania Ovest hanno intenzione di realizzare un attentato su un volo in entrata in Italia, proveniente dalla Libia e facente scalo in un aeroporto francese, all’inizio del novembre 1980 (…) In questo gruppo terroristico pare si trovino italiani che sono ricercati a livello internazionale”. L’informativa cita il capo delle Br, Mario Moretti, come uno dei componenti del commando.

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