Fotografo italiano ucciso durante scontri in Thailandia: i video

di Redazione

Fabio PolenghiBANGKOK. Fabio Polenghi, fotoreporter italiano, è stato ucciso in Thailandia durante gli scontri tra esercito e camicie rosse.

E’stato colpito al cuore e all’addome. Il fotografo è stato riconosciuto da una amica attraverso le immagini diffuse dalla tv del suo trasporto in ospedale.Oltre a Polenghi la contro-offensiva dell’esercito thailandese avrebbe provocato altri quattro morti, tra cui forse anche un cittadino olandese.

Viveva a Milano e si trovava nel sud est asiatico da circa tre mesi. Ultimamente, secondo alcuni conoscenti, faceva spesso base a Delhi. Polenghi lavorava dal 2004 come free lance, ed era molto conosciuto tra i suoi colleghi. Aveva lavorato anche per importanti agenzie e testate, prime fra tutte Grazia Neri (dalla quale si era staccato prima del fallimento), Vanity Fair, Vogue, Marie Claire, Elle e altre, come risulta da un suo curriculum postato su Internet. In 29 anni di lavoro aveva girato una settantina di diversi Paesi. “Realizzo servizi fotografici nei settori del reportage, ritratto, moda e pubblicitario”, dice di se stesso in un blog, definendosi “occasionalmente Regista, con varie realizzazioni all’attivo, la più significativa tra le quali un documentario di 52′ Linea Cubana che racconta di un padre, campione olimpico di pugilato e di suo figlio, campione nazionale nella stessa disciplina, realizzato a Cuba…”. Ha esposto alla Cité des Sciences et de l’Industrie ed alla Expo del libro di Parigi.

RACCONTANO DI LUI. “No, non ho parole. Anche Fabio. E’ terribile, un altro che se ne va”. Sono le prime parole di Grazia Neri all’Ansa nell’apprendere della morte di Polenghi. “Ognuna di queste notizie mi prende il cuore. Ho in mente il suo viso. Proprio ieri ero a World press photo e commentavo con i colleghi come i fotografi siano sempre più vicino al pericolo, sempre più dentro…”.”Rientrava per un periodo, magari perché gli scadevano dei permessi, e poi ripartiva”. Uno di quelli che “trovavi in ogni luogo ci fosse qualcosa da documentare”, racconta un amico e collega che aveva lavorato con lui all’agenzia Grazia Neri. Non sposato, e quasi sempre in giro per lavoro. Ultimamente aveva fatto base a Delhi, in India, e a Milano “non si vedeva più come prima”. “Io l’ho incontrato in Afghanistan e al G8 – ricorda l’amico – ma non c’era bisogno di chiedersi se Fabio si sarebbe trovato o meno in un certo luogo. Se accadeva qualcosa, lui era di quelli che si sa che si troveranno, prima o poi saltava fuori”.

CORDOGLIO. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha appreso “con commozione la tragica notizia”. Gli uffici del Quirinale, a quanto si è appreso, sono in contatto con l’unità di crisi della Farnesina affinché siano rigorosamente accertate le circostanze e le responsabilità di quanto accaduto. Il presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, appresa la notizia, ha espresso il cordoglio suo e della Camera dei deputati, sottolineando il valore e la professionalità dei tanti operatori dell’informazione, che quotidianamente lavorano in contesti internazionali difficili per testimoniarne e raccontarne la realtà anche nei suoi aspetti più drammatici. Lo rende noto un comunicato di Montecitorio.

IL 12° REPORTER UCCISO DAL 2010. Polenghi è il dodicesimo professionista dell’informazione morto sul campo in questa prima metà del 2010, secondo un elenco pubblicato sul sito di Reporters sans frontieres. L’elenco delle vittime parte da Valentín Valdés Espinosa, morto l’8 gennaio in Messico, che lavorava per Zócalo de Saltillo. Il 9 gennaio è stato ucciso in Afghanistan Rupert Hamer del Sunday Mirror. Il 13 febbraio è stato colpito in Yemen Mohammed Shùi Al-Rabù del journal Al-Qahira. Il 17 febbraio, in Pakistan, è morto Ashiq Ali Mangi della Mehran TV. Il 19 marzo, in Colombia, è stato ucciso Clodomiro Castilla Ospina, che lavorava per El Pulso del Tiempo e La Voz de Montería. Il 14 Marzo, in Honduras, è stata la volta di Nahúm Palacios, giornalista della tv de Aguán, Canal 5. Il 10 aprile in Thailandia, è toccata al giapponese Hiroyuki Muramoto che lavorava per la Reuters. Il 16 aprile è morto in Pakistan Malik Arif della Samaa TV. Il giorno successivo, 17 aprile, è toccato, sempre in Pakistan al collega Azmat Ali Bangash ancora della Samaa TV. Il 4 maggio è morto invece in Iraq Sardasht Osman, di Ashtiname, sbeiy.com, awene.com, hawlati.info et lvinpress.com. E sempre lo stesso giorno, in Somalia, è rimasto ucciso Sheik Nur Mohamed Abkey, di Radio Mogadiscio. Sempre secondo Rsf, sono attualmente 163 i giornalisti imprigionati nel mondo, 9 i collaboratori. Nel 2009 i giornalisti uccisi, sono stati 76 – il 26% in più del 2008 – 33 i rapiti, 573 quelli arrestati.

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