Crisi, Napolitano: “Attenti al ritorno della violenza e del fanatismo”

di Redazione

Giorgio Napolitano ROMA. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lancia l’allarme contro il possibile ritorno della violenza politica in relazione alla crisi economica.

Parlando al Quirinale in occasione della Giornata della memoria per le vittime del terrorismo, Napolitano sottolinea come “guardando ai problemi da affrontare anche in Italia sul terreno economico e sociale in una fase che è stata e rimane critica per tutta l’Europa, è necessario tenere sempre alta la guardia contro il riattizzarsi di nuove possibili tentazioni di ricorso alla protesta violenta, e di focolai, non spenti una volta per tutte, di fanatismo politico e ideologico”.

Pur senza citare esplicitamente i tragici fatti di Atene, Napolitano lancia il suo appello: “No – dice – alla violenza e alla rottura della legalità in qualsiasi forma: è un imperativo da non trascurare in nessun momento, in funzione della lotta che si combatte, anche con importanti successi, contro la criminalità organizzata, ma più in generale in funzione di uno sviluppo economico, politico e civile segno delle tradizioni democratiche e del ruolo dell’Italia”. Occorre attenzione “specie guardando ai problemi da affrontare anche in Italia sul terreno economico e sociale”, ha aggiunto il presidente, “in una fase che è stata e rimane critica per tutta l’Europa”.

Ai tempi del terrorismo “l’Italia corse rischi estremi.”, ha rievocato il presidente, “Sapemmo uscirne nettamente, pur pagando quei duri prezzi che oggi ricordiamo, e avemmo così la prova di quanto profonde fossero tra gli italiani le riserve di attaccamento alla libertà, alla legalità, ai principi costituzionali della convivenza democratica sui cui poter contare”.

Oggi, ha proseguito, “quelle riserve vanno accuratamente preservate, ravvivate, messe in campo nella situazione attuale del paese e del mondo che ci circonda”. Le aree di conflitto internazionali sono “meno lontane dall’Europa di quanto magari non dica la carta geografica”, e “giungono fino a noi gli echi del più cupo fondamentalismo” cui “anche il nostro paese non è immune”. Il capo dello Stato inoltre ha chiesto verità e giustizia per la strage di Bologna e per quella di Ustica.

Poi Napolitano ha sollecitato il governo “a sciogliere i nodi che rendono ancora incerto e precario l’insieme dei diritti pur riconosciuti per legge a chi è sopravvissuto e ai familiari delle vittime del terrorismo” raccogliendo l’appello a chiarire questo punto fatto pubblicamente da Sonia Zanotti, sopravvissuta alla strage della stazione di Bologna con ferite invalidanti. La legge è stata interpretata, ha detto la Zanotti, in modo restrittivo, è difficile ottenere il trattamento pensionistico, si rischia veder sacrificati i diritti sanciti per legge. Napolitano le ha espresso solidarietà e ha detto: “Siamo accanto a lei come a tutti coloro le cui vite sono state spezzate da quell’inferno del 2 agosto 1980”.

USTICA. Napolitano ha detto che nella strage di Ustica oltre ad “intrecci eversivi, ci furono anche intrighi internazionali che non possiamo oggi non richiamare, insieme con opacità di comportamenti da parte di corpi dello Stato, ad inefficienze di apparati e di interventi deputati all’accertamento della verità”. Poco prima Fortuna Piricò, vedova di una di quelle vittime, aveva chiesto di “completare la verità giudiziaria che ha parlato di una guerra non dichiarata, di completarla definendo le responsabilità. Occorre – aveva sottolineato – una grande collaborazione internazionale da parte dei Paesi alleati per avere l’elenco di tutti gli aerei che erano in volo”.

I morti, il sangue, i lutti; ma anche la privazione improvvisa di tante competenze e professionalità messe al servizio del Paese. Napolitano sottolinea anche quest’ultimo aspetto, nel celebrare al Quirinale il Giorno della Memoria, ospitando al Salone dei Corazzieri, i famigliari di coloro che hanno perso la vita negli “anni di piombo”. Il capo dello Stato ricorda “la gravità delle ferite subite dalla nostra comunità nazionale” e commenta queste gravi perdite, considerandole anche come “un impoverimento che è stato, insieme con lo sconvolgimento della vita civile e della vita politica, il prezzo pagato dall’Italia a quella deriva ideologica generazionale e a quei torbidi intrecci eversivi che espressero e alimentarono il terrorismo tra gli anni Settanta e Ottanta dello scorso secolo”.

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