Scontri in Thailandia: 22 morti. Ultimatum alle camicie rosse

di Redazione

 BANGKOK. Situazione sempre più tesa nel centro del Bangkok, dove vanno avanti da tre giorni gli scontri tra i militari e le camicie rosse, durante i quali hanno perso la vita 22 persone.

Altre truppe sono arrivate nella zona in preparazione di quello che si teme sia una sorta di “resa dei conti” con i manifestanti anti-governativi, ormai cinti in assedio. Un assedio che sta lasciando senza cibo l’accampamento che le camicie rosse hanno istituito da due mesi nel centro finanziario della capitale thailandese. “C’è un piano per evacuare il quartiere di Ratchaprasong se l’occupazione non finirà”, è l’ultimatum lanciato da un portavoce dell’esercito, anche se non è stato ancora stabilito quando dare inizio all’operazione.

Nel frattempo, circa 2mila manifestanti si sono radunati sulla strada principale che porta alla maggiore area commerciale di Bangkok, a Klong Toey, a circa due chilometri dall’area presidiata dall’esercito. Le camicie rosse dell’opposizione hanno incendiato pneumatici e lanciato bottiglie incendiarie, mentre i soldati hanno risposto sparando in aria per cercare di disperdere i dimostranti.

Il bilancio delle violenze degli ultimi giorni è intanto salito a 22 morti, tutti civili. Altre 141 persone sono rimaste ferite: tra loro tre giornalisti stranieri, il più grave è un canadese che lavora per France 24, Nelson Rand, colpito da tre proiettili. Lo riferisce il centro medico statale Erawan, precisando che tra i morti non vi sono stranieri. Nella sola giornata di sabato, le vittime sarebbero almeno sei. Un dimostrante è stato raggiunto da un colpo di arma da fuoco al petto mentre cercava di dar fuoco a uno pneumatico nel distretto finanziario della città. A Din Daeng, a nord del centro della protesta, tre corpi sono stati portati via in barella, secondo quanto riferito da un testimone Reuters. Due avevano ferite alla testa. Nella notte ci sono state esplosioni di granate e sporadici colpi d’arma da fuoco, e l’esercito ha creato un perimetro intorno all’accampamento di tre chilometri e mezzo quadrati protetto da barricate che i manifestanti, tra cui donne e bambini, si rifiutano di lasciare.

“Continueremo a combattere”, ha detto Kwanchai Praipana, uno dei leader delle camicie rosse, che chiedono al primo ministro Abhisit Vejjajiva di dimettersi e di assumersi la responsabilità della più grave crisi politica della Thailandia degli ultimi 18 anni. Praipana ha detto che le scorte di cibo, acqua e carburante iniziano a scarseggiare, dal momento che i camion coi rifornimenti vengono bloccati, ma sono ancora sufficienti per giorni.

La Farnesina ha sconsigliato ai cittadini italiani di recarsi a Bangkok. Dopo la chiusura delle ambasciate statunitense e britannica, ha chiuso i battenti anche la sede diplomatica canadese, stretta tra le zone in cui si sono verificati gli scontri più gravi, vicino al parco Lumphini.

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