Processo non equo per Ogaristi: Corte europea condanna l’Italia

di Redazione

Alberto OgaristiCASAL DI PRINCIPE. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per non aver concesso un “equo processo” ad Alberto Ogaristi, condannato all’ergastolo per omicidio nell’ambito di una faida all’interno del clan dei Casalesi.

L’uomo, in carcere dal 2007, è stato poi riconosciuto innocente. Ogaristi, spiega la Corte europea, è stato condannato all’ergastolo solamente sulla base di quanto dichiarato da un testimone che gli avvocati della difesa non hanno mai potuto interrogare. Secondo i giudici di Strasburgo che hanno stabilito chead Ogaristidovranno essere versati 15mila euro perché ha subito “un torto morale certo”, il modo più appropriato di rimediare alla violazione é di sottoporre l’uomo a un nuovo procedimento giudiziario, “in tempi utili e rispettando le regole di un equo processo”.

Che Alberto Ogaristi sia ingiustamente in carcere, perché innocente, lo hanno accertato le stesse autorità italiane che nel 2009 hanno arrestato i veri colpevoli dell’omicidio e tentato omicidio avvenuti, in un agguato, la sera del 18 febbraio del 2002 a Villa Literno. Tuttavia, la Corte d’Appello di Perugia, l’ultima a cui è stato domandato di pronunciarsi in merito alla riapertura del processo, ha stabilito che ciò non potrà avvenire fino alla condanna definitiva dei veri colpevoli.

Catturato il 6 luglio 2007, Alberto Ogaristi, 38 anni, era stato condannato con sentenza definitiva all’ergastolo per l’ omicidio di Antonio Amato, esponente di un clan camorristico del casertano, e di tentato omicidio ai danni del cognato della vittima, Telat Qoqu, avvenuti il 18 febbraio 2002 a Villa Literno, in provincia di Caserta. Nel gennaio scorso i carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta, a conclusione di nuove indagini coordinate dalla Dda di Napoli, accertarono l’estraneità di Ogaristi arrestando i tre presunti responsabili del delitto. Secondo gli inquirenti, Amato e Qoqu rimasero vittime di un agguato nell’ambito della lotta tra le due fazioni del clan dei Casalesi, operanti tra Villa Literno e Castelvolturno, quelle del gruppo capeggiato da Francesco Bidognetti, detto ‘Cicciotto e mezzanotte’, e dei Cantiello-Tavoletta. Ad uccidere Amato, legato alla fazione dei ‘Cantiello-Tavoletta’, ed a ferire il cognato, secondo gli sviluppi delle nuove indagini, non fu quindi Ogaristi, accusato anche sulla base delle indicazioni fornite agli investigatori da Telat (che riconobbe Ogaristi come uno dei suoi sicari), ma Luigi Guida, detto ‘o Drink’, boss originario del rione Sanità di Napoli, nominato da Bidognetti come reggente della cosca per un lungo periodo. Con lui in carabinieri arrestarono Luigi Grassia e Gaetano Ziello, entrambi di Casal di Principe. Le indagini che portarono alla riapertura del caso si basano sulle dichiarazioni riscontrate di alcuni collaboratori di giustizia.

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