Napoli, si ripete il miracolo di San Gennaro. Sepe: “Ci vuole bene”

di Redazione

l'Arcivescovo di Napoli Crescenzio SepeNAPOLI. Il miracolo di San Gennaro si è ripetuto sabato sera, alle 20.15, quando il tradizionale sventolio del fazzoletto bianco è stato accolto da un lungo applauso nella basilica di Santa Chiara.

“San Gennaro ci vuole bene”, ha detto il cardinale Crescenzio Sepe dopo la liquefazione del sangue del patrono di Napoli. Il miracolo è avvenuto dopo una lunga attesa. Il prelato aveva già dato appuntamento ai fedeli per domenica mattina in cattedrale dove sarebbero proseguite le preghiere. Ma prima di scendere dall’altare della basilica per rientrare in processione verso il Duomo, si è avvicinato alla teca ed ha sorriso lasciando capire ai membri della deputazione che il prodigio si era rinnovato. Quindi, la teca contenente le due ampolle con il sangue è stata offerta al bacio dei fedeli. Il miracolo si ripeterà a settembre e a dicembre.

Per l’occasione, celebrata in concomitanza con il Primo Maggio, festa dei lavoratori, l’Arcivescovo Sepe durante la sua omelia ha lanciato un messaggio proprio sul tema dell’occupazione: “Il problema del lavoro non è uno dei tanti problemi, ma è il problema dei problemi di Napoli; è il dramma dei drammi di questa nostra comunità giacché i tanti mali che l’affliggono sono tutti riconducibili, in un modo o nell’altro, a questa forma di carenza vitale che, come un’autentica malattia, rende fragile e sfibra in maniera progressiva, di giorno in giorno, un corpo sciale già largamente debilitato”.

“Dobbiamo avere il coraggio di dirlo, e magari di gridarlo, perché qualcuno finalmente ascolti: nel calendario di Napoli, la festa del Lavoro più che una ricorrenza appare una beffa”, ha aggiunto Sepe. “Difficile far festa per qualcosa che manca. È difficile, e anche triste, far festa per qualcosa che manca, o che continua a venir meno, sotto i colpi di una crisi che, però, almeno qui a Napoli, non si è fatta viva all’improvviso, poiché era da tempo una realtà corrente. La crisi, nella sua dimensione internazionale, ha soltanto aggravato una situazione già di per sé insostenibile, dal momento che, quando si parla di posti di lavoro, per Napoli si dà per scontato che ci si riferisce a qualcosa di virtuale o che si va perdendo: non solo si svuotano le aziende, ma continuano ad abbassarsi le saracinesche di molti esercizi commerciali e si assottiglia perfino, come inevitabile conseguenza, anche l’esile filo di quell’economia del vicolo o della piazzetta che ha rappresentato, da sempre, il vero ammortizzatore naturale durante ogni ondata di crisi.

“Non esiste emergenza più grave. – ha aggiunto Sepe – Non esiste, sul nostro tormentato territorio, un’urgenza più grave. Chi vuole davvero salvare Napoli e la Campania non può che mettere mano, prima di tutto, a questa emergenza, fonte di tante altre. Se esiste un programma, o un qualsiasi piano di sviluppo, non c’è che un capitolo da mettere a capo di tutto; e questo capitolo è il lavoro”. “Il lavoro può portare serenità – ha concluso il cardinale – Dev’essere il lavoro il punto e a capo per un concreto e irrinunciabile sviluppo della città. Nessun piano di sviluppo può mai decollare senza porre al centro l’uomo. Solo il lavoro è in grado di riportare serenità nelle famiglie, allentare le tensioni nelle strade e nelle piazze, dare speranza per costruire il futuro che oggi ha bisogno delle mani, delle menti, della fiducia, del coraggio di tutti”.

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