Napoli, 17 arresti contro clan Lo Russo

di Redazione

 NAPOLI. I carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli hanno arrestato 17 persone ritenute affiliate al clan camorristico Lo Russo, operante in diversi quartieri del capoluogo campano.

Le ordinanze di custodia cautelare emesse su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea riguardano i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, traffico e spaccio di stupefacenti e detenzione e porto illegale di armi.

L’indagine, sviluppata attraverso intercettazioni ambientali e telefoniche e con riscontri a dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, ha permesso di accertare presunti ruoli, compiti e responsabilità di ognuno degli affiliati nel contesto del gruppo criminale e di documentare alleanze con il clan degli “Scissionisti” di Secondigliano per il traffico di droga e l’infiltrazione anche nel controllo degli affari illeciti del rione Sanità mediante alleanza con il clan Misso.

C’é anche colui che è considerato l’attuale reggente del clan Lo Russo, tra le diciassette persone arrestate dai carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli. Si tratta di Antonio Lo Russo, 29 anni, figlio del boss Salvatore, attualmente in carcere. Tra i personaggi di vertice fermati anche Oscar Pecorelli e Bruno Taglialatela; destinatari di un secondo provvedimento cautelare anche lo stesso Salvatore Lo Russo e Raffaele Perfetto, entrambi in carcere.

L’indagine, evoluzione di quella già conclusa nel 2007, disegna alleanze e attività dei Lo Russo. Un tempo confederato all’Alleanza di Secondigliano, uscito vittorioso dagli scontri armati con il clan Stabile registratisi negli ultimi anni nelle zone di Miano, Chiaiano, Piscinola, Marianella, il clan, secondo quanto ricostruito dalla Dda di Napoli, ha conseguito una piena egemonia estesasi fino al quartiere di Napoli di Capodimonte: zone dove oltre a gestire le piazze di droga, i Lo Russo esercitano anche estorsioni. Le indagini hanno anche accertato alleanze con gli Scissionisti di Secondigliano e all’indomani della disgregazione del clan Misso, il subingresso nel controllo del quartiere Sanità. Sequestrati anche immobili: quattro appartamenti, una villa residenziale, due società immobiliari e due alberghi a Faenza, una rivendita di giornali, ma anche una società di panificazione, vendita e produzione di prodotti farinacei e di gastronomia, autovetture, nove conti correnti, 1000 azioni della Banca Popolare di Puglia e Basilicata e una polizza assicurativa per un valore complessivo stimato in circa 40 milioni di euro.

“OMICIDIO DELL’AMBULANZA”. Due nuovi collaboratori di giustizia rompono per la prima volta il silenzio sul clan camorristico dei Lo Russo e rivelano particolari sull’ “omicidio dell’ambulanza” che potrebbero portare alla riapertura del processo: è possibile, infatti, che un innocente stia scontando l’ergastolo. Il caso che potrebbe essere riaperto è quello del duplice omicidio, avvenuto il primo giugno del 2004, di Giuseppe D’Amico e Salvatore Manzo; quest’ultimo, ferito in un precedente agguato, si trovava in un’ambulanza che dall’ospedale Cardarelli lo stava trasferendo ad una clinica privata, mentre D’Amico lo scortava in auto. L’agguato avvenne nell’ora di punta mentre l’ambulanza imboccava la tangenziale a Capodimonte. Prima fu freddato D’Amico, poi gli assassini spalancarono il portellone e uccisero anche Manzo, che era sulla lettiga. Per quel delitto sono stati condannati all’ergastolo con sentenza definitiva Antonio Lo Russo e Salvatore Razzano, e in primo grado Massimo Tipaldi. I due nuovi collaboratori di giustizia, Mariano Grimaldi e Salvatore Torino, rivelano ora i nomi dei componenti del commando, tra cui però non figura Razzano. Il suo difensore, l’avvocato Sergio Cola, si prepara dunque a chiedere la revisione del processo. Racconta Grimaldi: “Nel momento in cui partimmo da via Ianfolla eravamo tutti disarmati: ciò perché, ovviamente, volevamo evitare di girare armati, in particolare così volle Antonio Lo Russo. Le armi ci furono consegnate da Mario Dell’Aquila ed Antonio Esposito, che a tal fine ci aspettavano in macchina di fronte all’ingresso dell’ospedale Cardarelli, nei pressi di un bar. Tra i componenti del gruppo che uccise D’Amico erano armati Antonio Lo Russo, Angellotti Pasquale e Pecorelli Oscar, mentre dei quattro che uccisero Manzo erano sicuramente armati Perfetto Raffaele e ‘doberman’, ovvero Russo Francesco. Dallo specchietto ebbi modo di vedere che il motorino occupato da Pecorelli Oscar si era avvicinato alla macchina e quest’ultimo aveva esploso un colpo di pistola in direzione del D’Amico all’altezza della testa. Di quanto vidi ebbi poi conferma dallo stesso Pecorelli una volta rientrati al Rione Ianfolla”. Alcuni particolari sono agghiaccianti: “Ricordo anche – racconta il pentito – che, quando rientrammo, ci fu un battibecco tra Oscar e Lo Russo Antonio; quest’ultimo gli rimproverava di aver sparato quell’ultimo colpo di pistola e di avere cosi “sporcato” (reso riconoscibile, ndr) inutilmente una pistola, poiché, a quel punto, D’Amico era già morto”.

Scrivici su Whatsapp
Benvenuto in Pupia. Come possiamo aiutarti?
RedazioneWhatsappWhatsApp
Condividi con un amico