Pedofilia, il Vaticano: “Nessun paragone con antisemitismo”

di Redazione

Papa Benedetto XVIROMA. “Il paragone con l’antisemitismo non è la linea della Chiesa”.Lo afferma il portavoce Vaticano, padre Federico Lombardi, alla Radio Vaticana, …

… riferendosi al modo in cui alcuni organi di stampa hanno riportato la citazione fatta da padre Raniero Cantalamessa alla messa del Venerdì Santo.

Il predicatore della Casa Pontificia aveva citato durante una cerimonia a San Pietro, alla presenza di Papa Ratzinger, una lettera di un suo amico ebreo che esprime solidarietà al pontefice e afferma che gli attacchi collettivi alla Chiesa per gli scandali di pedofilia gli ricordano “gli aspetti più vergognosi dell’antisemitismo”. “Per una rara coincidenza, quest’anno la nostra Pasqua cade nelle stessa settimana della Pasqua ebraica che ne è l’antenata e la matrice dentro cui si è formata”, ha ricordato padre Cantalamessa nell’omelia durante il rito della “Passione del Signore”. “Questo – ha aggiunto il frate – ci spinge a rivolgere un pensiero ai fratelli ebrei. Essi sanno per esperienza cosa significa essere vittime della violenza collettiva e anche per questo sono pronti a riconoscerne i sintomi ricorrenti”.

La citazione, che ha presto fatto il giro del mondo, non è però piaciuta a diversi gruppi ebraici che considerano inaccettabile il paragone con le vittime della Shoah. Immediata era arrivata la smentita della Santa Sede: “Nessun paragone di iniziativa vaticana tra l’antisemitismo e la situazione attuale relativa alla pedofilia” aveva detto in serata padre Lombardi. Il giorno dopo, la nuova precisazione.

Ma le polemiche non sembrano placarsi.Scoppia, infatti, nel sabato santo l’ennesimo caso legato allo scandalo pedofilia. Secondo dei documenti ottenuti dell’Associated Press, il Vaticano avrebbe aspettato oltre dieci anni per sconsacrare – nel 2004 – un prete americano dell’Arizona riconosciuto colpevole di abusi sessuali su minori, nonostante sin dai primi anni Novanta l’allora vescovo di Tucson, Manuel Moreno, avesse segnalato il caso al cardinale Joseph Ratzinger – il futuro papa Benedetto XVI – all’epoca a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede.

“Anche se il processo canonico ha avuto tempi lunghi, il sacerdote incriminato era stato sospeso a divinis e non poteva più nuocere”. Lo afferma il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, per il quale “la presentazione fatta recentemente da alcune testate del “caso Teta”, un caso drammatico di abusi da parte di un sacerdote della Diocesi di Tucson negli anni 70, è fuorviante”.

“Dalla documentazione – spiega Lombardi – risulta infatti con chiarezza e certezza che i responsabili della Congregazione per la Dottrina della Fede, a cui la diocesi si era rivolta trattandosi di un caso che riguardava il crimine di “sollecitazione” nel sacramento della penitenza, si sono più volte interessati attivamente nel corso degli anni 90 perché il processo canonico in corso nella Diocesi di Tucson fosse portato a termine debitamente: ciò che avvenne nel 1997, con sentenza di riduzione allo stato laicale”.

Padre Lombardi fa notare in proposito che tutto è stato già ampiamente chiarito “con precisione in risposta alle domande della stampa locale dal vescovo di Tucson, mons. Gerald Kicanas, anche tramite la pubblicazione delle lettere provenienti dalla stessa Congregazione”.

“Il reverendo Teta – aggiunge il religioso – presentò però appello contro la sentenza e il suo ricorso pervenne al Tribunale della Congregazione quando era stata gia’ avviata la revisione delle norme canoniche precedentemente in vigore. Gli appelli rimasero perciò pendenti fino all’entrata in vigore della nuova legislazione nel 2001, che porta tutti i casi di “delitti più gravi” sotto la competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede per una trattazione più sicura e rapida. Dal 2001 tutti gli appelli pendenti furono tempestivamente trattati, e quello del caso Teta fu uno dei primi ad essere discusso. Ciò richiese del tempo, anche perché la documentazione prodotta era particolarmente voluminosa. In ogni caso, la sentenza di primo grado venne confermata “in toto”, con la conseguente riduzione a stato laicale nel 2004”. In proposito, padre Lombardi sottolinea che “non si deve dimenticare che anche quando gli appelli rimangono pendenti e la sentenza è sospesa, sono in vigore le misure cautelative imposta dal vescovo all’imputato. Infatti il Teta era sospeso dal 1990”.

Un altro caso emerge sempre dagli Stati Uniti e sempre da documenti della Associated Press. Nel 2006, in una deposizione in tribunale, l’ex arcivescovo di Portland (Oregon) William Levada, ora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, difendeva la sua scelta di reintegrare un prete accusato di abusi, senza dire nulla ai suoi parrocchiani. Levada fu arcivescovo di Portland dal 1986 al 1995. Oggi è al posto che fu di Joseph Ratzinger, a capo dell’ufficio che si occupa dei casi di pedofilia. La sua deposizione, sinora segreta, è stata resa nota da Erin Olson, uno degli avvocati delle vittime di abusi. E sugli scandali torna oggi anche il New York Times: padre Lawrence C. Murphy, il sacerdote sospettato di aver abusato sessualmente di almeno 200 giovani sordomuti quando lavorava alla St. John School di Milwaukee, avrebbe continuato a molestare ragazzini anche dopo essere stato allontanato dall’istituto e “esiliato” in un cottage nel Wisconsin.

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