Lavoro, governo battuto alla Camera: finiani sotto accusa

di Redazione

 ROMA. La maggioranza è stata battuta alla Camera, per un solo voto (225 si contro 224 no), nella votazione di un emendamento del Pd al ddl lavoro su cui il governo aveva espresso parere contrario.

L’emendamento, di cui è primo firmatario l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, si riferisce all’articolo 31 del testo, relativo alle procedure di conciliazione e di arbitrato, ed in particolare alle clausole compromissorie. In base al testo passato, le commissioni di certificazione accerteranno la devoluzione agli arbitri solo delle controversie di lavoro già insorte e non che dovessero insorgere in futuro.

La sconfitta è stata causata dalle molteassenze tra le file del Pdl: 95 i deputati che non hanno partecipato al voto, di cui 45 in missione. Tra i banchi della Lega mancavano undici dei 60 deputati. 170 i deputati di opposizione presenti su 205: 12 erano in missione e 23 gli assenti. Dei 24 deputati dell’Idv, 20 hanno partecipato al voto.

Sotto accusa, inevitabilmente, sono finiti i deputati del Pdl legati al presidente della Camera Gianfranco Fini. Il deputatoGiancarlo Lehner ha accusato infatti il finiano Antonino Lo Presti di aver organizzato una “trappola” sul voto. “Ma quale imboscata dei finiani! Ti devi vergognare a dire queste cose!”, è stata la risposta di Lo Presti. Qualche spintone e qualche parola di troppo e per poco i due non sono venuti alle mani proprio in Transatlantico. A dividerli è stato il deputato del Pdl, Simone Baldelli. Ad arrabbiarsi anche l’altro finiano Fabio Granata che è andato da Baldelli per far presente l’assurdità dell’accusa. “Dite a Berlusconi che se manda avanti questi personaggi finisce male…”, è stato lo sfogo di Lo Presti.

Dopo lo scivolone della maggioranza, l’Aula ha approvato la richiesta del relatore Guliano Cazzola di accantonare l’articolo 31, alla luce del fatto che la commissione Lavoro non è ancora riuscita ad accertare l’impatto dell’emendamento sulla normativa. Contraria l’opposizione che ritiene l’articolo 31 “il cuore del provvedimento”. L’accantonamento dell’articolo in questione dovrebbe comportare un cambiamento del calendario dei lavori sull’intero provvedimento. “È chiaro che non chiuderemo stasera l’esame degli emendamenti e che domani non ci sarà il voto finale sul provvedimento, come era stato deciso informalmente dai gruppi parlamentari. E questo per una tardiva prova di forza della maggioranza”, ha sottolineato il deputato del Pd Roberto Giachetti sottintendendo un’azione ostruzionista dell’opposizione.

L’EMENDAMENTO DAMIANO. L’emendamento Damiano passato alla Camera muterebbe radicalmente le modalità dell’arbitrato rispetto a quanto previsto dal testo originario. L’emendamento, al comma 9 dell’art.31, lì dove si parla di ricorso all’arbitrato per la risoluzione di controversie, sostituisce infatti con “insorte” la precedente formulazione “che dovessero insorgere”. Attraverso questa apparentemente piccola modifica la frase diviene: “Le commissioni di certificazione accertano la effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le controversie insorte in relazione al rapporto di lavoro”. In questo modo, il lavoratore potrà o meno scegliere l’arbitrato solo dopo che la controversia sarà sorta e non all’inizio del suo rapporto di lavoro. Era un aspetto non modificato nel nuovo testo messo a punto dopo il rinvio alle Camere del provvedimento da parte del presidente della Repubblica. Erano però stati inseriti nel testo alcuni nuovi “paletti”, in particolare che la clausola compromissoria non potesse essere sottoscritta prima della fine dell’eventuale periodo di prova o prima di 30 giorni dalla firma del contratto. Altro paletto aggiunto è l’impossibilità di utilizzare l’arbitrato in controversie relative al licenziamento.

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