Molino Palomba, rischio di crollo totale

di Redazione

 SAN NICOLA LA STRADA. Dalle ore 8 di sabato mattina, i volontari del Nucleo comunale della Protezione civile, con turni di due ore ciascuno, …

… presidiano il Molino Palomba che, dopo il crollo all’interno dei vecchi baraccamenti militari, corre seriamente il rischio di venire giù. Le mura del vecchio opificio settecentesco che si trova allocato in via De Gasperi, da sabato chiuso al traffico dal sindaco Pascariello, sono talmente impregnate d’acqua che il sospetto possano crollare è più che un’opinione. La stessa Protezione civile è certa di questo. La cosa che sorprende è come possano esserci nuclei familiari all’interno dei baraccamenti visto che le strutture sono da bonificare in quanto piene di amianto. L’Esercito dovrebbe dare delle spiegazioni in proposito, visto che i due nuclei familiari asseriscono di avere titolo ad occupare gli alloggi. Perché una simile struttura come il Molino Palomba è arrivata ai giorni nostri in simili condizioni?

Il “Mulino Palomba”, posto su via De Gasperi a metà strada tra il Municipio e il Viale Carlo III, è sorto due secoli fa come esempio di opificio industriale destinato a mulino e pastificio (nell’epoca della cosiddetta “rivoluzione industriale”) ad opera di Luigi Palomba sull’antica via delle Pagliare. Sulla sua nascita pare ci siano alcune discordanze, visto che uno dei concorrenti che nel 2002 ha partecipato al concorso di idee sul Molino Palomba, che esso probabilmente è datato 1823 e costruito ad opera di Antonio Fisone, industriale napoletano trasferitosi nella nostra cittadina, con la antica denominazione di “Pastificio Fisone”. A conferma del fatto che non fosse stato Palomba a costruirlo, ma che invece questi fosse intervenuto più tardi, un altro concorrente del concorso ha notizia di un precedente proprietario, tale Francesco Rossi, che nel 1889 denunciava la consistenza complessiva dell’edificio e l’articolazione dei vari ambienti, e che a questi, nel 1908, succedeva il nuovo proprietario Palomba che realizzava consistenti ampliamenti e sopraelevazioni. Poi, nel 1942, in piena Seconda Guerra Mondiale, l’edificio veniva requisito dal “ramo guerra” per essere poi occupato dagli americani che lo utilizzeranno come quartier generale, come alloggio e ricreazione per i soldati (pare che il corpo edilizio a nord-ovest su Vicolo Casermette, a più piani e oggi senza solai, in cui si intravedono alcuni vecchi disegni sui muri con didascalie in lingua inglese, sia stato manomesso e privato dei solai per ospitare un cinema). Sull’area retrostante, nello stesso periodo e in successivi, furono realizzate delle “Casermette” (piccoli edifici ad un sol piano, per di più coperti probabilmente con amianto), che oggi versano in uno stato di totale abbandono.

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