Riforme, Napolitano: “No a colpi di maggioranza”

di Redazione

Giorgio Napolitano ROMA. Dal teatro Petruzzelli di Bari, dove partecipa alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico e alla intestazione dell’ateneo barese ad Aldo Moro, il presidente Giorgio Napolitano lancia un nuovo monito al mondo politico.

“Faccio appello alla consapevolezza che non dovrebbe ormai mancare tra le forze politiche e sociali della assoluta necessità di lavorare e di riformare, anche per l’Università, in un’ottica di lungo periodo e non sulla base di impostazioni contingenti, asfittiche, di corto respiro, cui corrispondano conflittualità deleterie”, ha affermato il capo dello Stato, accolto al suo arrivo dal rettore dell’Ateneo barese, Corrado Petrocelli per la cerimonia a cui partecipano anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta, il ministro per i rapporti con le Regioni Raffaele Fitto, il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano e il sottosegretario all’Università Giuseppe Pizza. Presenti anche Agnese e Giovanni Moro, figli del politico ucciso dalle Brigate Rosse.

Parlando dello statista della Democrazia Cristiana, Napolitano ha ricordato la “preziosa eredità di pensiero e morale” da egli lasciata,nonchè “l’esempio della fedeltà all’insegnamento e con esso del rapporto con i giovani, di una piena comunione con gli studenti”. E, auspicandoriforme condivise, lungimiranti, che non portino a nuove conflittualità, ha rievocato “la splendida stagione per il nostro Paese” che fu l’assemblea Costituente, quando “una generazione giovane, ricca di interessi culturali e di idealità, faceva irruzione nella politica, prendeva posto nel Parlamento che rinasceva per stendere la Carta dei principi e delle regole della Repubblica italiana”.

Il presidente della Repubblica ha poi dedicato un pensiero al “quartetto dei professorini democristiani di forte impronta cattolica e di moderna cultura giuridica” che 50 e più anni fa scrivevano una pagina nella storia nazionale. Erano anni in cui Moro, insieme a Fanfani, La Pira e Dossetti, pensava le regole che sarebbero valse per molto tempo. Tra loro Moro scriveva e sanciva una idea di fondo, ossia che i principi dominanti della nostra civiltà e gli indirizzi supremi della nostra futura legislazione vanno sanciti in norme costituzionali per sottrarle all’effimero gioco di semplici maggioranze parlamentari”.

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