Reggio Calabria, bomba alla Procura: “Accordo tra clan”

di Redazione

 REGGIO CALABRIA. Gli investigatori non hanno dubbi: è stata la ‘Ndrangheta a collocare la bomba esplosa all’alba di domenica mattina davanti all’ingresso della Procura di Reggio Calabria.

Un “messaggio” indirizzato all’organo che dispone non solo le ordinanze di custodia cautelare ma anche le confische dei beni ai boss. Nel corso delle indagini,i carabinieri del reparto operativo reggino hanno acquisito le immagini riprese dalle telecamere da cui hanno attinto la targa dello scooter utilizzato dalle due persone che hanno posizionatol’ordigno, ad alto potenziale, collegato ad un bombola digas.Per quanto riguarda l’identità degli attentatori, i filmatidarebbero invece un contributo parziale, anche perchè entrambi indossavano caschi da motociclista.Si stanno valutando, comunque, le loro caratteristiche corporali per metterle a raffronto con quelle di persone schedate dagli investigatori come affiliate alla ‘Ndrangheta.

Per il Procuratore generale della repubblica di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, l’attentato non può essere il frutto di un solo clan, ma della decisione collegiale di tutte le ‘ndrine. “In Appello si sistema tutto”. Era questa la convinzione delle cosche della ‘Ndrangheta venuta fuori in numerose dichiarazioni di pentiti e anche in diverse intercettazioni telefoniche. Questa convinzione è sottolineata anche da Di Landro che ha dichiarato: “Forse qualcuno si era illuso che tenessimo un profilo più basso, cosa sbagliata, perché noi non ci arrendiamo mai”. E invece “i criminali sono portati a pensare che nel processo d’appello le cose si sistemano, quando questo non avviene, quando anche qui si rendono conto che i processi vengono trattati con pari impegno, qualcuno può avere la tentazione di reagire”. Sulla matrice dell’attentato il Pg è chiarissimo: “Le cosche tradizionali si dividono il territorio – dice Di Landro – con una capillarità impressionate, quindi sappiamo bene qual è il confine della giurisdizione tra due clan. In questo caso – però – visto che hanno colpito le istituzioni la decisione deve essere stata presa collegialmente da tutte le ‘ndrine della zona”.

In città, intanto, sono giunti ilministro dell’Interno Roberto Maroni, il capo della polizia Antonio Manganelli e direttore della direzione centrale anticrimine, Francesco Gratteri, per un vertice previsto nel pomeriggio di martedì in Prefettura.

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