Processo Sismi, rinvio a giudizio per Pollari e Pompa

di Angela Oliva

Nicolò PollariPERUGIA. L’ex direttore del Sismi Nicolò Pollari e l’ex funzionario del servizio segreto Pio Pompa sono stati rinviati a giudizio dalla Procura di Perugia.

I due sono coinvolti, con l’accusa di peculato, nell’inchiesta sulle presunte irregolarità legate all’archivio riservato scoperto a Roma in via Nazionale.

Stando alla ricostruzione fornita dal pm Sergio Sottani al fine di creare un archivio riservato, dotato di dossier su magistrati, giornalisti e funzionari dello Stato, il Sismi avrebbe utilizzato somme cospicue di denaro, risorse umane e mezzi in sua dotazione per attività non istituzionali. Molti sono i documenti scottanti contenuti nel fascicolo in dotazione del pubblico ministero tra i quali anche una relazione di una ventina di pagine nelle quali sembra si faccia esplicito riferimento all’attuazione di un programma per “disarticolare con mezzi traumatici” l’opposizione al governo. Tale documento, che fu ritrovato tra le carte di Pio Pompa braccio destro di Pollari, spiegava in che modo e per quali ragioni si doveva “disarticolare, neutralizzare, ridimensionare e dissuadere, anche con provvedimenti e misure traumatiche, ogni dissenso, autentico o ipotetico”.

L’origine dell’inchiesta risale a luglio del 2006 quando, durante l’inchiesta condotta dalla Procura di Milano sul

sequestri di Abu Omar, venne alla luce questo archivio segreto. L’indagine venne quindi trasferita a Roma e da qui, nell’aprile scorso, a Perugia per la presenza come parti lese di alcuni magistrati romani.

Il pm Sottani ha chiesto l’archiviazione sia per il reato di peculato che per quelli di violazione della privacy, calunnia e diffamazione. Pollari e Pompa, dopo avere ricevuto l’avviso di conclusione indagini, hanno chiesto ed ottenuto di essere interrogati dal pm Sottani, opponendo però il segreto di Stato, confermato per entrambi dal Governo. “Ci difenderemo nelle sedi opportune – ha affermati l’avvocato Titta Madia, difensore dei due accusati – Si tratta di un peculato di corrente elettrica e di linea telefonica: ossia un reato di modesta entità per il quale, certamente, non possiamo svelare il segreto di stato”.

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