Setola, chiesti sei anni per due fiancheggiatori del boss

di Redazione

da sin. Pisano e IulianoTRENTOLA DUCENTA. Quattro anni di reclusione per Giovanni Iuliano e due anni e sei mesi per Antonio Pisano. Sono queste le richieste del Pm della Dda per i due soggetti accusati di aver favorito la latitanza di Giuseppe Setola.

Ieri mattina, nel corso dell’udienza svoltasi dinanzi al Gup Morello del Tribunale di Napoli, sono state effettuate le richieste di condanna. Entrambi furono tratti in arresto lo scorso 31 gennaio, a seguito di una ordinanza di custodia cautelare adottata dal Gip presso il Tribunale di Napoli su richiesta della DDa. Ad eseguire l’ordinanza furono i carabinieri del reparto territoriale di Aversa, agli ordini del tenente colonnello Francesco Marra, coadiuvati dai militari del nucleo operativo, coordinati dal tenente Fedele, e del nucleo radiomobile, coordinati dal tenente Domenico Forte.
Secondo l’accusa Pisano, difeso in questo processo dagli avvocati penalisti Enzo Guida, Paolo Cacciapuoti e Massimo D’Errico, avrebbe preso in affitto l’immobile a Trentola, ove Setola si rifugiava e dal quale, poi, scappò attraverso la rete fognaria.
Fallito il blitz, Setola fu arrestato dopo due giorni. Le indagini consentirono, però, di verificare che per l’immobile dove si nascondeva il pericoloso latitante era stato stipulato un contratto di locazione regolare proprio da Pisano. All’allestimento del covo, secondo l’accusa, avrebbe contribuito pure Giovanni Iuliano, che avrebbe fatto da intermediario con i proprietari dell’immobile.
Pisano, 43 anni di Teverola, e Iuliano, 29 di Trentola Ducenta, sono accusati di favoreggiamento aggravato dal metodo mafioso. Il giudizio abbreviato si sta svolgendo dinanzi al Tribunale di Napoli edi due imputati sono a piede libero, dopo aver scontato un periodo di detenzione. La parola passerà alle arringhe difensive. La prossima udienza, infatti, è fissata per il 10 dicembre, quando toccherà agli avvocati sostenere le ragioni dei loro assistiti. Dopo di che il giudice entrerà in camera di consiglio per emettere il relativo verdetto.
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