Lodo Alfano, slitta la decisione della Corte

di Redazione

Angelino AlfanoROMA. Slitta la decisione della Corte Costituzionale sulla legittimità del Lodo Alfano: la camera di consiglio della Consulta è stata sospesa nella serata di martedì.

I giudici hanno aggiornato a mercoledì mattina, alle 9.30. I quindici giudici del massimo organismo giuridico italiano dovranno stabilire se la legge – che ha permesso la sospensione dei processi a carico del premier Silvio Berlusconi – sia in linea con la Costituzione.

Tre sono i possibili scenari: il no ai ricorsi e quindi l’ok al Lodo Alfano; l’accettazione parziale con la dichiarazione di parziale incostituzionalità del Lodo, le cui parti non approvate dalla Consulta potrebbero essere modificate con un disegno di legge; o la bocciatura integrale della legge, come avvenuto per il precedente Lodo Schifani.In quest’ultimocaso ilpresidente del Consigliopotrà nuovamente finire in tribunale.

Dopo gli interventi dei legali del premier e dell’Avvocatura di Stato, l’udienza è stata tolta e ora si attende la camera di consiglio, iniziata nel pomeriggio.E’ ipotizzabileun rinvio qualora un giudice chieda tempo per lo studio degli atti. Rinvio che potrebbe andare anche alla settimana prossima, visto che giovedì cinque giudici sono attesi a un incontro internazionale all’estero.

L’avvocato del premier, Gaetano Pecorella, dice di aspettarsi “che la Corte decida con grande serenità tenendo conto solo degli aspetti giuridici e dimenticando le questioni politiche”. A chi gli fa notare che la discussione di oggi avviene proprio all’indomani delle polemiche scoppiate sulla sentenza sul Lodo Mondadori (la Fininvest deve risarcire 750 milioni di euro alla Cir di De Benedetti, anche se ha annunciato ricorso), Pecorella risponde: “Il Lodo Mondadori non c’entra nulla, abbiamo fiducia in questi giudici, perchè pensiamo che non si lasceranno influenzare da altre questioni”. Sul verdetto della Consulta, e sui tempi di attesa di questo, il legale del premier non si sbilancia: “Meglio non fare mai previsioni – afferma – io sono fiducioso. Certo, se c’è un giudice che chiede più tempo per approfondire la questione, di solito il presidente lo concede, e potrebbe esserci un rinvio, ma io credo che la Corte deciderà nei prossimi giorni”. Pecorella, poi, ricorda come il Lodo Alfano sia “una legge anche frutto delle indicazioni che diede la Corte nel 2004”, quando bocciò il Lodo Schifani. “Ci auguriamo che i giudici apprezzino e condividano ciò”. La legge, secondo Pecorella, “non è una anomalia europea, in quasi tutti i Paesi d’Europa esiste uno strumento simile”.

La Corte, intanto,non ha ammesso l’intervento della Procura di Milano nel giudizio riguardante la legittimità del Lodo Alfano. La decisione è stata comunicata dal presidente della Corte, Francesco Amirante, alla ripresa dell’udienza dopo che i giudici si erano ritirati in camera di consiglio per decidere in proposito. Il professor Alessandro Pace, che aveva presentato memorie alla Consulta per sostenere l’illegittimità del Lodo a nome della Procura di Milano, non potrà dunque intervenire nell’udienza pubblica. E’ passato così al relatore Franco Gallo il compito presentare le questioni di illegittimità avanzate dal Tribunale di Milano e dal gip di Roma, ovvero le sedi che ospitano tre procedimenti a carico del premier.

Poi è stato il turno dei legali di Berlusconi: oltre a Pecorella anche Niccolò Ghedini (nella foto) e Piero Longo. “La legge è uguale per tutti ma non sempre lo è la sua applicazione” ha detto Ghedini in un passaggio del suo intervento, durato 15 minuti. L’avvocato del premier, che è anche parlamentare, ha sottolineato che con il Lodo “è stato realizzato, con una legge ordinaria, un edificio costituzionalmente resistente”. “Con le modifiche apportate alla legge elettorale, – ha aggiunto Pecorella – il presidente del Consiglio non può più essere considerato uguale agli altri parlamentari, ossia non è più ‘primus inter pares’, ma deve essere considerato ‘primus super pares'”.

Pecorella ha aggiunto che bisogna prendere atto del fatto che “con la legislazione di oggi sulle elezioni delle cariche politiche, la posizione del presidente del Consiglio si è venuta staccando da quella che era stata disegnata dalle tradizioni liberali”.

E’ stato poi Piero Longo a spiegare perché a parere del collegio difensivo il Lodo Alfano non è un’immunità. L’attuale legge, infatti, secondo il legale ha “come caratteristiche la temporaneità, la non reiterabilità, la rinunciabilità, la sospensione della prescrizione, la garanzia per le prove non rinviabili, la tutela delle parti civili”. In particolare, la sospensione della prescrizione “esorcizza l’ipotesi falsificante secondo cui con la sospensione del processo si avrebbe lo stesso risultato di un’immunità”. Così non è, a detta dell’avvocato Longo. “Anche perchè – ha evidenziato – la sospensione del processo è prevista nel codice penale nel caso di legittimo impedimento dell’imputato”. Il Lodo, dunque, “non è legato alla mera carica o alla funzione ma all’espletamento di una complessa attività da parte di un’alta carica”. “Difatti – ha aggiunto Longo – nel difficile sistema geopolitico in cui viviamo”, con i numerosi appuntamenti internazionali nell’agenda del premier, sarebbe per lui “impossibile” svolgere contemporaneamente il suo incarico e tutelare il diritto di difesa come imputato. Il rischio sarebbe quello di “fdover trascurare gli impegni connessi alla carica costituzionale”, tanto più se i processi sono “aggravati da centinaia o migliaia di atti e documenti”.

L’avvocatura generale dello Stato ha infine sostenuto che il Lodo è il “danno minore” per il sistema giuridico.L’avvocato Glauco Nori spiega: “La ratio della norma è la soluzione del possibile conflitto fra le esigenze legate alle funzioni di governo e al diritto alla difesa in processo: un problema non ipotetico ma reale, in corso, che è giusto sia stato affrontato e risolto dalla legge ordinaria. Si tratta di un problema di compatibilitá fra due interessi, entrambi totalmente tutelati e garantiti dalla Costituzione”. A tal proposito, Nori si chiede: “Quale mezzo c’era per risolverlo, diverso da quello adottato dal legislatore? Se il problema è la contemporaneitá fra le due esigenze, non si può certo pensare di andare nella direzione dell’eliminazione totale di questa contemporaneitá, concedendo l’impunitá al presidente del Consiglio o togliendogli le funzioni di capo del governo: soluzioni entrambe incostituzionali”. Per questo “la sospensione del processo penale, pur se produce sicuramente un danno al sistema giuridico, rappresenta comunque il danno minore”.

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