Camorra infiltrata nel Pd, Morando chiede di verificare le tessere

di Redazione

Enrico MorandoNAPOLI. “A Castellammare c’è stata un’infiltrazione, inutile negare l’evidenza. La camorra considera il Pd il suo principale nemico e cerca di indebolirlo.

Ma siamo un elemento di resistenza. Dire che l’intero Pd sia uno strumento in mano alla camorra è falso: a Castellammare c’è un sindaco, che conosco da 30 anni, che resiste”. Lo dice il commissario straordinario del Pd a Napoli Enrico Morando, in una intervista al Corriere della Sera. Morando sottolinea: “Noi abbiamo fatto molto, ma dobbiamo fare di più, perché evidentemente non è bastato. Servono misure straordinarie di trasparenza”. Per l’esponente del Pd, “si devono verificare le tessere in tutte le zone a rischio criminalità organizzata. Portando agli inquirenti gli elenchi degli iscritti, rendendoli pubblici, dando loro la massima diffusione. Serve un rapporto strettissimo con gli inquirenti, anche informale”. “Abbiamo fatto meno di quello che era necessario. – aggiunge Morando – Chiunque al mio posto sostenesse il contrario sarebbe un pazzo. Ho fatto tutto quello che era umanamente possibile: ma una persona da sola non basta. Serve un salto di qualità, anche da Roma”. Domenica le primarie: “Chiediamo alle forze dell’ordine di vigilare. Ma la certezza che non ci saranno brogli, quella non gliela posso dare”.

Il caso “camorra nel Pd” è scoppiato dopo l’arresto dei killer del consigliere comunale Luigi Tommasino, ucciso il 3 febbraio scorso in un agguato davanti agli occhi del figlio tredicenne. Ad ottobre sono stati arrestati due giovani legati al clan D’Alessandro, che ha il dominio degli affari illeciti nell’area stabiese e che da anni ha allungato le mani sugli appalti pubblici. I due arrestati confessano di aver fatto parte del commando che uccise Tommasino e si dichiarano disponibili a collaborare con la giustizia, rivelando i nomi degli altri due complici. Ma quale era il movente? E qui il primo colpo di scena: Tommasino sarebbe stato ucciso per non aver versato al clan D’Alessandro la somma di 30mila euro, frutto di una tangente per la quale il consigliere del Pd avrebbe fatto da intermediario. Una versione che, però, non convince il fratello della vittima, Giovanni Tommasino, medico e anche lui consigliere comunale del Pd. Infatti, la procura antimafia continua a scavare nella prevista privatizzazione delle Terme di Stabia, un affare milionario, gestito dal Comune a guida Pd, sul quale il clan D’Alessandro aveva puntato gli occhi.

Poi un’altra sorpresa inquietante: uno dei giovani pentiti, Catello Romano, viene inviato in provincia di Brindisi sotto programma di protezione ma lui, con il più classico dei sistemi di evasione, annoda due lenzuola, si cala dalla finestra e scompare. Proprio in quel momento, viene fuori che Romano è tra gli iscritti della sezione Pd di Castellammare, assieme a Carolina Mosca, moglie di Pasquale D’Alessandro, uno dei figli del boss.

Ora la sezione Pd è commissariata e gli elenchi sono al vaglio della polizia che sta incrociando i dati anagrafici dei tesserati con quelli di esponenti di organizzazioni criminali.

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