Feltri a Fini: “Non svegliamo il can che dorme”

di Angela Oliva

Fini-FeltriROMA. “Il presidente Fini e la strategia del suicidio lento”, s’intitola così il nuovo editoriale del direttore de “Il Giornale”, Vittorio Feltri, che parla del presidente della Camera.

Dopo l’affondo all’ex direttore di “Avvenire”, Dino Boffo, Feltri ha mirato su Gianfranco Fini e dopo averlo accusato di avere un atteggiamento vergognoso poiché ha cambiato la sua posizione in merito ai gay, all’immigrazione e al biotestamento, oggi ripercorre la carriera politica dell’ex leader di Allenaza Nazionale ricordandogli soprattutto gli errori commessi: Il presidente della Camera ha l’esigenza immediata di trovare una ricollocazione: o di qua o di là. – avverte Feltri – Non gli è permesso di tenere un piede nella maggioranza e uno nell’opposizione. Deve risolversi subito. E si ricordi che bocciato un lodo Alfano se ne approva un altro, modificato, e lo si manda immediatamente in vigore. Ricordi anche che delegare i magistrati a far giustizia politica è un rischio. Specialmente se le inchieste giudiziarie si basano su teoremi. Perché – aggiunge Feltri – oggi tocca al premier, domani potrebbe toccare al presidente della Camera. È sufficiente, per dire, ripescare un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse riguardanti personaggi di Alleanza Nazionale per montare uno scandalo. Meglio non svegliare il can che dorme. Inoltre, valuti Fini, – osserva il direttore del Giornale – che se la Lega si scoccia e ritira la sua delegazione, il voto anticipato è inevitabile. Allora per lei, in bilico tra destra e sinistra, sarebbe una spiacevole complicazione”.

Intanto, il vicecapogruppo del Pdl, Italo Bocchino, ha chiesto di ricucire questo rapporto anche se lo strappo sembra profondo: “L’idea di Fini isolato e imbalsamato nel suo ruolo istituzione è pericolosa. Nei prossimi giorni, una cinquantina di deputati del Pdl, di provenienza An, cui sono pronti ad aggiungersi una decina di forzisti, – annuncia – scriverà una lettera a Silvio Berlusconi per chiedere tre cose semplici. Una norma non scritta ma vincolante che prevede nel Pdl un patto di consultazione permanente tra i due co-fondandori Berlusconi e Fini. La seconda riguarda le cene del lunedì tra Berlusconi e Bossi non rappresentano tutto il Pdl. I luoghi in cui si decide cosa fanno governo e coalizione devono essere veri vertici di maggioranza, non solo gli ex di FI e Lega. Infine si chiede che negli organi di partito i temi politici vengano discussi e votati. Se tali richieste non venissero accolte – conclude Bocchino – le cose cambieranno. Non sarà più scontato il nostro voto favorevole su tutti i provvedimenti, ad esempio sul Sud”.

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