Fece assolvere il figlio di Bidognetti: arrestato perito corrotto

di Redazione

Aniello BidognettiNAPOLI. Gli uomini della Dia di Napoli e Catania hanno arrestato l’ingegner Alberto Alfio Natale Fichera, docente universitario catanese, che avrebbe falsificato delle intercettazioni telefoniche per scagionare noti esponenti della camorra campana, …

… quali Aniello Bidognetti, esponente del clan dei Casalesi, il boss Luigi Cimmino dell’omonimo clan napoletano e il partecipe di quest’ultimo Vincenzo Tammaro.

Le indagini si sono basate sulle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia. Questi hanno riferito che Aniello Bidognetti, figlio del boss in carcere Francesco (alias “Cicciotto ‘e mezzanotte”), Cimmino e Tammaro avevano organizzato ed eseguito il duplice omicidio di Enrico Ruffano e Giuseppe Consiglio, avvenuto a Napoli il 28 aprile 1999. Seppur intercettati (in particolare Bidognetti e Tammaro) durante le fasi preparatorie, contestuali e immediatamente successive al delitto, i tre erano stati assolti a fronte di un versamento di denaro in favore del perito che aveva avuto incarico dalla Corte di Assise di Napoli di identificare coloro che avevano preso parte alle compromettenti intercettazioni.

In sostanza,secondo i pentiti (tutti vicini, a vario titolo, agli imputati di quel processo) il perito corrotto aveva “aggiustato” il processo depositando una perizia nella quale falsamente attestava che le voci captate nel corso delle decisive intercettazioni telefoniche non corrispondevano a quelle degli imputati Bidognetti e Tammaro.

L’attività di riscontro partiva dall’acquisizione degli atti processuali relativi al duplice omicidio Ruffano-Consiglio il cui dibattimento era stato celebrato innanzi alla prima sezione della Corte di Assise di Napoli nell’ambito del procedimento penale a carico di Aniello Bidognetti, Luigi Cimmino, Giuseppe Cristofaro e Vincenzo Tammaro. Risultava che tutti gli imputati tratti a giudizio innanzi alla Corte di Assise erano stati raggiunti da ordinanze di custodia cautelare, confermata innanzi ai diversi organi giurisdizionali, che, come ricordato dai collaboratori di giustizia, risultava, effettivamente, trarre il proprio fondamento dallo svolgimento di intercettazioni telefoniche nel corso delle quali venivano captate le voci di coloro i quali avevano organizzato ed eseguito il delitto.

La Dia, già all’epoca, così come la stessa polizia giudiziaria, non aveva avuto dubbi sulla riconducibilità di quelle utenze e di quelle voci agli allora indagati Cristofaro, Bidognetti e Tammaro e, conseguenzialmente, sulla sussistenza di gravi elementi indiziari anche a carico di Cimmino, all’epoca capo dell’omonimo clan cui appartenevano Tammaro (esecutore del delitto) e stretto alleato dei Bidognetti. Sempre come riferito dai collaboratori di giustizia, risultava agli atti processuali: che la Corte di Assise al fine di acquisire la certezza sulla attribuibilità delle voci agli imputati aveva dato incarico peritale a Fichera; che proprio in conseguenza della perizia, che escludeva l’attribuibilità delle voci intercettate a Bidognetti e Tammaro, la Corte assolveva entrambi, mentre condannava, invece, Giuseppe Cristofaro, gregario del clan bidognettiano e Cimmino nei cui confronti gli elementi indiziari non si fondavano, direttamente, sulle intercettazioni. Risultava poi che nel successivo processo d’appello anche Luigi Cimmino veniva assolto dall’accusa di essere stato il mandante del duplice omicidio. Ciò quale conseguenza logica dell’assoluzione, nel processo di primo grado, di Vincenzo Tammaro che, secondo la tesi accusatoria, era stato, proprio su incarico di Cimmino, esecutore materiale del reato. Esito finale del processo e conseguenza diretta ed indiretta della perizia era che tre imputati su quattro venivano assolti e che l’unico imputato condannato per il duplice omicidio era Cristofaro.

La Dia, quindi, provvedeva ad interrogatore il tecnico che avevano materialmente svolto l’attività di intercettazione. Questi, non solo si dichiarava sbalordito per l’esito del processo, ma certo (sia per le particolarità di quelle voci che aveva intercettato per svariato tempo che per i riferimenti contenuti nelle conversazioni), del fatto che due delle utenze dei soggetti che avevano eseguito ed organizzato il delitto erano attribuibili a Bidognetti e Tammaro.

Infine, veniva nominato un qualificato collegio di consulenti e non solo, e senza dubbio alcuno, evidenziava che i due assolti in primo grado erano sicuramente fra gli interlocutori di quelle conversazioni intercettate ma che, soprattutto, sottolineava come la perizia di Fichera fosse affetta da gravissime incongruenze nella lettura dei dati strumentali. Incongruenze ritenute del tutto incompatibili con le capacità professionali dell’attuale indagato e quindi poste in essere per volontà dell’indagato.

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