Operazione “Clan Cut”: nuovo smacco per il clan dei casalesi

di Redazione

 CASERTA. Altri sette decreti di fermo per alcuni esponenti del clan dei casalesi, appartenenti al gruppo Bidognetti.

Il personale della squadra mobile di Caserta, diretta dal vice questore Rodolfo Ruperti, sta notificando in varie case circondariali l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Napoli nei confronti di pericolosissimi soggetti già arrestati lo scorso 17 luglio con un analogo provvedimento di fermo emesso dai magistrati della direzione distrettuale antimafia di Napoli. I soggetti ai quali è stata notificata in carcere l’ordinanza dell’operazione “Clan Cut” sono Carlo Corvino, 39 anni di Casal di Principe, Francesco Diana, 30enne di Villa Literno, Annibale Tummolo, 42 anni di Cancello Arnone, Franco Letizia, 32enne di Casal di principe e Antonio Caterino , 30enne di Casapesenna.

Tra Il provvedimento odierno conferma l’operato della direzione distrettuale antimafia e del gip presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Le indagini traggono spunto dalle che è stato arrestato lo scorso 19 maggio dallo stesso personale della squadra mobile di Caserta, con l’ausilio di unità specializzate del servizio di polizia scientifica del dipartimento della pubblica sicurezza, da equipaggi dei reparti prevenzione crimine e dell’8° reggimento bersaglieri, proprio perchè Letizia era inserito nell’elenco del Ministero dell’Interno tra i 100 latitanti di massima pericolosità. Letiza, infatti, dopo l’arresto di Giuseppe Setola era considerato il reggente del clan Bidogneti e anche nei suoi confronti e’ stato eseguito decreto di fermo per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. nel quale gli viene contestata la qualità di promotore del gruppo associativo individuato. Il 32enne è stato tratto in arresto nella sua abitazione in via Cilea a San Cipriano D’Aversa dopo una prolungata attività investigativa, coordinata dalla procura distrettuale di Napoli e supportata da servizi tecnici che ha consentito di

acquisire gravissimi elementi indiziari e altresì vere e proprie confessioni involontarie “stragiudiziali” provenienti dal gruppo dei soggetti maggiormente vicini al Letizia, per i delitti di associazione per delinquere di stampo mafioso e di estorsione aggravata con il metodo mafioso. Nelle successive perquisizioni effettuate a casa del latitante sono stati ritrovati e sequestrati “pizzini”, ritenuti di notevole interesse investigativo. Ulteriore compendio alle indagini è arrivato dalle dichiarazioni rese da più collaboratori di giustizia affiliati, fino a poco tempo fa, al gruppo Bidognetti e a Setola.

Le attività investigative hanno dunque offerto un importante scorcio sugli assetti, sulle alleanze e sulle tecniche criminali praticate dai camorristi del gruppo Bidognetti, tutt’ora proficuamente attivo nel settore delle estorsioni malgrado gli affanni e le difficoltà conseguenti ai numerosi arresti ed all’offensiva delle forze di polizia che negli ultimi mesi ha portato all’arresto, in successione, di tutti i capi che sono subentrati alla guida del clan. Le indagini hanno fatto luce sull’attività della frangia bidognettiana, che, al momento, è talmente disarticolata da non riuscire nemmeno a garantire lo “stipendio” a tutti gli affiliati. In particolare, a fronte dei circa 130mila euro mensili programmati e necessari a garantire un minimo mantenimento a tutti gli affiliati, il gruppo riusciva a racimolare a stento un terzo del totale, a malapena sufficiente per pagare lo stipendio solo ai personaggi più rappresentativi. Elementi utili sono stati, inoltre, raccolti per individuare i sodalizi bidognettiani e i capi di alcune zone sottoposte all’egida dello stesso gruppo, nonché al fine di accertare la commissione di plurime estorsioni ai danni di operatori commerciali dell’agro domitio da parte di soggetti strettamente legati a Letizia come Antonio Caterino, detto “o’ visocc”. Caterino, arrestato dagli agenti della squadra mobile di Caserta in ausilio con il personale del centro operativo della direzione investigativa antimafia di Napoli, era considerato il responsabile di un’estorsione ai danni di un’importante azienda di calcestruzzi.

Le indagini hanno appurato che Caterino avrebbe ricevuto dai 2 ai 4mila euro come stipendio dall’organizzazione camorristica in cambio della sua attività nel settore della raccolta porta a porta delle estorsioni. E’ stata, inoltre, accertata un’estorsione commessa ai danni di un esercizio commerciale di Cancello ed Arnone, nel settore lattiero-caseario, a un bar il cui titolare, costretto a versare ripetutamente svariate somme di danaro, si trovava in serie difficolta’ economiche e, infine, ai danni del direttore tecnico di un’azienda di autotrasporti operante tra le province di Napoli e Caserta.

Le indagini, dunque, hanno consentito non solo di acquisire indiscutibili e concludenti elementi di prova sull’appartenenza a consorterie di stampo camorristico dei predetti indagati e sulle attività illecite di natura estorsiva condotte sistematicamente sul territorio, ma anche di chiarire ulteriormente alcuni aspetti relativi alle motivazioni della scomparsa e del conseguente triplice omicidio, vicenda già ampiamente sviscerata nel provvedimento giudiziario di fermo emesso dalla procura distrettuale antimafia nei confronti di Giovanni Battista Papa, Modestino Minutolo e Francesco Buonanno anche loro dediti ad attività estorsive nell’ambito del medesimo gruppo bidognettiano capeggiato da franco Letizia e mal tollerati da altre “famiglie” del clan dei casalesi, in questo momento prevalenti.

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