21 e 22 giugno: si vota per ballottaggi e referendum

di Redazione

 ROMA. 50 milioni di italiani, domenica 21 e lunedì 22 giugno, sono di nuovo chiamati alle urneper i ballottaggi delle amministrative e il Referendum sulla legge elettorale.

Gli elettori di 22 province (tra cui Milano e Torino) e di 102 comuni superiori (di cui 16 capoluoghi comprese città come Bologna, Firenze, Bari e Padova) riceveranno quattro schede: le tre dei rispettivi quesiti referendari e la quarta per il comune o la provincia. In quattro capoluoghi (Ferrara, Ascoli, Brindisi e Prato) le schede saranno addirittura cinque perché si svolgono ballottaggi per entrambi gli enti.


Tra centrosinistra e centrodestra è battaglia durissima. Di 62 province, il centrosinistra ne aveva 50 e il centrodestra 8 (una era amministrata dalla lega Nord, tre votavano per la prima volta perché di recente costituzione). Dopo il primo turno l’opposizione nazionale ne ha tenute appena 14 mentre i partiti di governo sono saliti a quota 26. Su 30 comuni capoluogo il centrosinistra ne governava 25 e ne ha conservai appena 5. Il centrodestra è già salito da 5 a 9 e punta ad altri ribaltoni.

Le urne saranno aperte domenica dalle 8 alle 22 e lunedì dalle 7 alle 15. Subito si procederà con lo spoglio: prima i referendum, poi i ballottaggi. I referendum saranno validi solo se almeno il 50% più uno degli elettori avrà ritirato la scheda. Non ha importanza, da questo punto di vista, se voteranno bianca o nulla.

Giovanni Guzzetta e Ma­rio Segni, promotori della con­sultazione, hanno rivolto un ul­timo appello al voto: “Diamoci una sveglia e in mezz’ora cam­biamo l’Italia. Votiamo tre sì contro il Parlamento dei nomi­nati, contro i partitini che fan­no cadere i governi e che ricat­tano continuamente la maggio­ranza”. Berlusconi e Franceschini sono per il sì, ma nei ri­spettivi partiti non mancano i contrari. Nel centrodestra c’è la Lega, ferocemente critica, nell’opposizione si oppongo­no Radicali e Idv, oltre ad alcu­ni esponenti del Pd.

Perchè si tiene il Referendum?

Il referendum riguarda la legge elettorale, ovvero la proposta di abrogazione di alcune norme della legge elettorale vigente dal 2005 (cosiddetta “legge Calderoli”).I quesiti sottoposti al giudizio popolare saranno tre.

Il primo (scheda verde) e il secondo (scheda bianca) affrontano il tema del premio di maggioranza, rispettivamente alla Camera e al Senato. L’attuale legge prevede un sistema di attribuzione dei seggi proporzionale, con premio di maggioranza (su base nazionale per la Camera e regionale per il Senato) per la singola lista o coalizione di liste che ottiene il maggior numero di voti. I due quesiti mirano ad abrogare la possibilità di attribuire ad una coalizione il premio di maggioranza, che in caso di vittoria del “sì” sarà dunque assegnato alla singola lista che abbia ricevuto le maggiori preferenze. Un’altra conseguenza sarebbe l’innalzamento delle soglie di sbarramento: se con l’attuale legge sono le coalizioni a dover raggiungere il 4% alla Camera e l’8% al Senato per ottenere una rappresentanza, la variazione porterebbe le singole liste a misurarsi con le medesime quote.

Il terzo quesito (scheda rossa) riguarda invece l’abrogazione, sia alla Camera che al Senato, delle candidature multiple. Attualmente un candidato può presentarsi in una o più circoscrizioni elettorali, concorrendo quindi alla conquista di un seggio parlamentare in diversi luoghi. Nel caso in cui il candidato risulti eletto in differenti circoscrizioni, egli esercita l’opzione per uno dei seggi ottenuti, consentendo nelle altre circoscrizioni al primo candidato non eletto della sua lista di appartenenza di subentrare al suo posto. Con l’approvazione del terzo quesito verrà inibita la facoltà di candidature multiple: ogni candidato potrà presentarsi in una sola circoscrizione.

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