Quei 300 “invisibili” nel ghetto dell’Appia

di Redazione

 TEVEROLA. L’ingresso dell’inferno è qui. Statale Appia 7 bis, all’altezza dei Regi Lagni, vicino al ponte della linea ferroviaria dell’alta velocità.

Addentrandosi fin sotto i piloni della superstrada Nola-Villa Literno, sembra di precipitare in un’altra dimensione. L’impatto è fortissimo: ci sono almeno trecento nomadi, tutti di origine bosniaca (profughi di guerra, molti provenienti da Sarajevo), che vivono in aperta campagna. Almeno la metà è costituita da bambini. Il più piccolo è nato appena un mese fa e vive in un fazzoletto di terra abbandonata dove non ci sono né acqua né luce.

Il freddo lo si combatte con delle stufe di fortuna, ma spesso non lo si vince. I nomadi prima erano a Giugliano in Campania, Campo Sette. Ma da lì sono scappati per paura, per le continue risse scatenate, secondo le loro testimonianze, da Rom di origine rumena. Gli uomini e le donne appartenenti a questo gruppo che vive in condizioni disumane hanno la residenza, come si evince dalle loro carte d’identità, nel Comune giuglianese. Fino a poco tempo fa racimolavano qualche soldo con la raccolta del ferro. Ora non sanno più di che vivere.

«Ci dividiamo il cibo – dice Marco (si fa chiamare così per semplicità) – siamo poveri ma onesti, vogliamo solo vivere tranquilli, ma in questo modo ci tengono lontani da quel che si può chiamare vita». Un’altra donna, invece, madre di dodici figli, descrive con le lacrime agli occhi le rinunce quotidiane e la paura di non farcela. «Non sappiamo come sfamare i nostri bambini – dice disperata – e non abbiamo nessuna prospettiva». I piccoli in età scolare sono decine e decine, ma la scuola, nell’area a ridosso degli inquinati Regi lagni, è un luogo sconosciuto. «Vorremmo che qualcuno potesse garantire almeno l’istruzione ai nostri piccoli – auspica un uomo di 35 anni, con il volto rugoso, tipico dei giovani invecchiati che popolano i film del bosniaco Emir Kusturica – qui qualcuno deve fare qualcosa al più presto».

Sulla presenza dei nomadi a Teverola si susseguono le riunioni in prefettura. Il sindaco Biagio Lusini è stato invitato a fornire i servizi necessari a garantire un minimo di vivibilità all’area occupata, ma fondi per luce e corrente, così distanti dal centro abitato, non ce ne sono. Eppure, nonostante le difficoltà oggettive, la società civile e le istituzioni, dinanzi a quanto si consuma a pochi metri dalla zona dei centri commerciali e delle aziende che producono, non possono abbassare lo sguardo.

La situazione di Teverola, che già ha richiamato le telecamere nazionali dell’informazione, è critica. Si deve trovare al più presto una soluzione. Soprattutto per i bambini, che non vanno a scuola, hanno fame, gli occhi sgranati e il viso sporco di settimane.

da “Il Mattino”, 02.03.09 di (Alessandra Tommasino)

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