19 marzo 1994, la camorra uccide Don Peppino Diana

di Redazione

Don Peppino Diana Accadde Oggi. Cerco sempre di evitare di confondere i sentimenti personali con quelle che sono le storie che racconto. Piccole e grandi storie che hanno grandi personaggi, uomini e donne, che hanno scritto la storia del mondo e della nostra società.

Peppe Diana era un mio amico, lo era da quando, giovanissimo medico, ero diventato il medico di famiglia di Giovanni Gazza, allora Vescovo di Aversa, di cui Peppe, che già conoscevo da qualche tempo, era il segretario.

Nasce a Casal di Principe nel 1958 e lo comincio a frequentare quando lui era poco più che 24enne. Ragazzo di quelli “tosti”, di cui ti accorgi subito conviene essere amico, perché da quella amicizia sai di dover trarre nutrimento per la tua voglia di sapere, di conoscere, confrontarti.

Con Giovanni Gazza e Peppe Diana, ma anche con tutta una serie di altri compagni di viaggio di quel periodo, siamo agli inizi degli anni ’80, cresco e comprendo di aver avuto la fortuna di incontrare la gente giusta. Peppe è già scout, ma è anche irrequieto, come tutti lo eravamo all’epoca, uomini di libertà e di amore, coraggiosi e pronti a combattere contro le ingiustizie. Lui continuerà.

Il 19 marzo del 1994, alle 7.30 del mattino, Peppe deve dir messa, è anche il giorno del suo onomastico, viene ucciso barbaramente nella sagrestia della sua Chiesa, la Parrocchia di San Nicola di Bari. Due colpi alla testa, uno alla faccia, il quarto in una mano.

Come potresti oggi, dopo 15 anni dalla sua scomparsa, dimenticare l’insegnamento dell’amico. “Per amore del mio popolo non tacerò”, questo uno dei suoi scritti, diffuso nel Natale del 1991, forse questa una delle cause di morte o almeno l’inizio decretato da altri della sua fine. Inutile ripetere quanto nelle nostre terre sia senza valore una vita o sia ingombrante la presenza di chi professa la giustizia, l’amore, la trasparenza. Quattro colpi di pistola hanno cancellato la vita terrena di Peppe Diana, non il suo ricordo, che ancora oggi è vivo.

Non comprenderemo mai il perché del silenzio di una nostra certa Chiesa nei confronti di questo fatto, né di quello di una classe borghese e becera. Le giornate dell’impegno e della memoria serviranno a ricordare centinaia di nomi di uomini e donne trucidati dalla mafia e dalla camorra.

Abbiamo avuto l’opportunità nella nostra vita di conoscerne qualcuno, Peppino Diana era uno di questi e a noi fa piacere oggi ricordare il suo impegno, anche perché quello che è accaduto allora è anche parte della nostra vita.

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