Camorra, confiscati beni per 610mila euro a D’Alessandro

di Redazione

Cipriano D'AlessandroCASAL DI PRINCIPE. La sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha disposto la confisca di beni immobili per un valore stimato in oltre 610mila euro riconducibili a Cipriano D’Alessandro, 46enne da San Cipriano d’Aversa.

I beni oggetto della confisca furono sequestrati dal personale del Centro Operativo Dia di Napoli l’11 gennaio scorso, in esecuzione di un decreto di sequestro beni emessi sempre dal Tribunale.

Per D’Alessandro anche la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di polizia con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, per la durata di quattro anni nonché il pagamento delle spese processuali ed al versamento di 8mila euro a titolo di cauzione.

Il decreto ha consentito la confisca dei seguenti beni intestati alla moglie di D’Alessandro: un fabbricato sito a San Cipriano d’Aversa alla via Madonna del Popolo e un’autovettura Mercedes classe C220, per un valore complessivo, come detto, di circa 610mila euro, mentre sono stati restituiti agli aventi diritto altri beni sottoposti a sequestro nel gennaio scorso.

D’Alessandro è un elemento di spicco del clan dei “Casalesi”. A conclusione nel processo Spartacus, è stato condannato all’ergastolo con isolamento diurno per due anni e 10 mesi, essendo stato riconosciuto colpevole, in concorso, di diversi fatti di sangue. In particolare, è stata provata la sua responsabilità in relazione a due omicidi. Quello di Paride Salzillo, fratello di Antonio Salzillo (ucciso nei giorni scorsi in un agguato a Cancello Arnone, assieme a Clemente Prisco) e nipote del boss Antonio Bardellino, ucciso in Brasile nel 1988 ma il corpo non fu mai trovato. E l’omicidio di Liliano Diana (il 9 marzo 1991), oltre che al tentato omicidio di Giuseppe De Falco e Dionigi Pacifico (il 17 febbraio 1991).

Episodi considerati dalla Corte d’Assise di assoluto rilievo strategico o, addirittura, di omicidi (soprattutto quello di Paride Salzillo) che hanno segnato un confine tra i diversi assetti della realtà criminale dei casalesi. Dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, è emerso che D’Alessandro ha iniziato la sua carriera delinquenziale sin dalla giovane età con l’inserimento nel gruppo De Falco ed il successivo transito, per scelta strategica e per vincolo di affinità, in quello degli Schiavone. Il 46enne, inoltre, è stato definito dalla Corte sia come “uomo d’azione” che come elemento di collegamento tra i diversi gruppi associativi ed è stato anche coinvolto in vicende di distribuzione di redditi provenienti da attività estorsive.

Un quadro d’accusa che ha indotto il Tribunale a ritenere attuale, nonostante lo stato di detenzione, la pericolosità sociale di D’Alessandro che “impone la necessità di un più stringente controllo, che appare possibile ottenere solo mediante la sottoposizione dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza”.

Per quanto riguarda i beni confiscati, i magistrati, dopo aver attentamente valutato le argomentazioni difensive, hanno ritenuto che il fabbricato di San Cipriano d’Aversa e l’autovettura Mercedes fossero nella disponibilità di D’Alessandro soprattutto in considerazione della mancanza di redditi dichiarati dalla moglie, intestataria dei beni, a fronte dei cospicui investimenti operati nel corso degli anni e, pertanto, che gli stessi rappresentassero il reinvestimento di denaro proveniente dall’attività illecita posta in essere nell’ambito del clan di appartenenza.

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