Setola dava ordini ai complici in chat line

di Redazione

Giuseppe Setola CASAL DI PRINCIPE. Il boss Giuseppe Setola chattava con i suoi complici e con la moglie. La scoperta è stata fatta quasi per caso durante l’esame del materiale sequestrato dopo l’arresto del boss dell’ala stragista del clan dei casalesi.

Uno degli investigatori, esaminando il contenuto del computer che veniva usato da Giuseppe Setola, ha notato che la foto che lo ritraeva in uno dei sui covi (che era stata distribuita persino ai giornali come un autoritratto del killer e come tale pubblicata) in realtà era stata usata come «certificazione» per i messaggi spediti dal killer ai suoi complici e realizzata attraverso una web cam.

Un fatto assolutamente singolare. Ad un primo esame non è stata trovata traccia dei messaggi (alcuni sistemi di messaggeria sono difficilissimi da intercettare e una volta spediti non restano nella memoria del computer), almeno per ora, ma la foto che ritraeva Setola in uno dei suoi covi è stata utilizzata un numero notevole di volte, proprio quando si invia una immagine per «certificare» un messaggio.

Incuriositi dalla scoperta i carabinieri si sono messi a spulciare tra le intercettazioni ambientali e telefoniche e hanno visto che tra le tante ce n’è una, effettuata nella casa di Monteruscello dove il capoclan aveva pasteggiato ad aragosta con i suoi complici alla fine di settembre dello scorso anno, nella quale si sente dire proprio da Setola, «ma da qui si può chattare?» Tra i tanti gestori ce ne sono alcuni che forniscono alle forze di polizia i dati in tempi reali e quindi sono facilmente ed immediatamente identificabili e rintracciabili, altri che invece forniscono dati e tabulati dei collegamenti solo dopo un notevole lasso di tempo, troppo lungo per essere utile all’individuazione delle utenze di partenza e di arrivo. Il «pizzino elettronico» per mandare messaggi ai complici è una assoluta novità nelle indagini sulla criminalità organizzata. Finora, infatti, i capibanda aveva usato carta e penna per mandare i propri messaggi, oggi Setola sembra essere il primo ad avere inventato un sistema elettronico. Di sicuro lui chattava con la moglie, Stefania Martinelli, e con i suoi complici. Ora si tratta di verificare se, come pare, attraverso il computer siano partiti ordini.

«La cosa non ha una grande importanza dal punto di vista probatorio — spiega uno degli investigatori impegnato nelle indagini — in quanto ci sono le dichiarazioni dei pentiti, intercettazioni e testimonianze che incastrano Setola ai diciotto omicidi che gli vengono attribuiti». Nonostante questa affermazione il computer del boss è stato spedito a esperti del settore per esaminare, memoria, hard disk e tracce nel sistema di messaggeria utilizzato per chattare. Qualunque sistema sia stato usato per inviare messaggi, per i tecnici, sarà solo questione di tempo per decriptarle e verificare se le foto siano state adoperate anche nascondere messaggi, cosa facilmente attuabile attraverso comuni programmi installati su tutti i computer. «L’unico sistema per cancellare i dati sensibili su un computer— conclude l’investigatore — è quello di “trapanare” vale a dire distruggere fisicamente la memoria, altrimenti tutto è recuperabile ». Intanto questa mattina nel Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dovrebbe svolgersi la prima udienza di un processo a carico del capo dell’ala stragista, un dibattimento che difficilmente dovrebbe svolgersi in quanto Setola è stato rinchiuso in regime di massima sicurezza e ben difficilmente dovrebbe essere trasferito nel Casertano per partecipare al dibattimento, che dovrebbe essere rinviato quasi immediatamente.

dal Corriere del Mezzogiorno (di Vito Faenza)

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