Cineclub: “Family Game” del regista casertano Alfredo Arciero

di Redazione

Family game

CASAGIOVE. Giovedì 29 gennaio Family Game di Alfredo Arciero (orario spettacoli 16.00 – 18.30 – 21.15). Alle ore 21.00il regista casertano incontrerà il pubblico in sala.

Casertano di nascita, Arciero vive e lavora da anni a Roma dove si è brillantemente affermato soprattutto come sceneggiatore televisivo: tra i suoi lavori più apprezzati anche alcuni episodi della fortunata serie tv “Don Matteo”. Arciero aveva precedentemente esordito nella regia nel 1998 con il film “Dio c’è”. “Family game”, che presenta nel cast Sandra Ceccarelli, Stefano Dionisi e Fabio Troiano, è un’interessante analisi all’interno di una famiglia borghese dove nulla è come sembra e dove il figlio più piccolo sogna di rimettere ordine manovrando la vita dei suoi cari attraverso un videogame.

Da venerdì 30 gennaio a mercoledì 04 febbraio Il Dubbio di J. P. Shanley – 5 Nominations agli Oscar tra cui Migliore Attrice e Migliore Attore (Feriali 16.00 – 18.30 – 21.15 – Sabato e Domenica 16.00 -18.10 – 20.20 – 22.30 – Mercoledì 16.00 – 18.00- * – 22.00).

Mercoledì 04 febbraio,ore 20, presentazione del docu-film La Domiziana di Romano Montesarchio (Ingresso libero).

FAMILY GAME

Un film di Alfredo Arciero. Con Sandra Ceccarelli, Stefano Dionisi, Fabio Troiano, Elena Bouryka, Mattia Cicinelli. Drammatico, durata 94 min. – Italia 2007.

La famiglia Pagni vive nel benessere. Vittorio ha un lavoro prestigioso, una bella moglie, una villa in campagna e un’amante in città. Aspira alla poltrona di direttore della clinica privata dove esercita la professione di chirurgo, un desiderio che sta per realizzarsi con l’approssimarsi del pensionamento del suo capo e mentore. In casa però l’atmosfera è tesa e i primi a risentirne sono i figli. Matteo, il più piccolo, sogna una famiglia migliore giocando e immedesimandosi in un videogioco con il quale può cambiare virtualmente la realtà. Martina vive con disagio la sua età adolescenziale ed è in conflitto con la madre. Quando Andrea, il fratello minore di Vittorio, uscirà dal centro di recupero per tossicodipendenti e andrà ad abitare con loro, farà emergere i problemi. Perché Vittorio nasconde un segreto.
Lo scontro generazionale, nel film di Alfredo Arciero, avviene su più livelli. C’è lo scontro tra i figli e i genitori, tra i due fratelli (Vittorio e Andrea) – così diversi per stile e scelte di vita – e tra i due fratelli e il padre autoritario. Quella ritratta dal regista di Dio c’è è una fotocopia di molte famiglie (italiane e non) nelle quali non si comunica più e dove troppo spesso ci si ripara dietro a facciate convenzionali – come l’andare a messa la domenica mattina – per nascondere agli occhi degli altri limiti e difetti. È, ancora, uno specchio del Paese in cui viviamo: una società che sembra promuovere l’apparire e non l’essere.

IL DUBBIO

Un film di John Patrick Shanley. Con Meryl Streep, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Viola Davis. Titolo originale Doubt. Drammatico, durata 104 min. – USA 2008.

1964. Bronx. Il collegio della parrocchia di St. Nicholas ha al suo centro due forti personalità. Padre Flynn, il parroco, è un innovatore che cerca di sostenere gli allievi più in difficoltà e, in particolare, l’unico studente di colore della scuola, Donald Miller. Il ragazzo è stato iscritto dalla madre, contro il volere del marito violento, per sottrarlo ai pericoli della scuola pubblica. L’altro, rigido, pilastro della comunità è Sorella Aloysius Beauvier, la superiora dell’ordine le cui consorelle insegnano nell’istituto. Sorella Aloysius è una strenua conservatrice dell’ordine e del rigore e spaventa a morte tutti gli allievi. Un giorno però, in seguito ad alcune osservazioni sul comportamento di Donald riferitele dalla più giovane e candida delle suore Sorella James, comincia a nutrire il dubbio che le attenzioni di Padre Flynn per il ragazzo non siano solo altruistiche. Il dubbio, pur denunciando la sua origine teatrale, si salva dalle sabbie mobili della trasposizione (considerando che il regista è l’autore della piece) grazie alle prestazioni dei tre protagonisti e a una sceneggiatura che esula (e così facendo se ne avvantaggia) dai richiami all’attualità. Perché la piaga della pedofilia nelle istituzioni religiose non è sicuramente (e purtroppo) circoscritta agli Stati Uniti ma è lì che è esplosa con maggiore virulenza al punto di spingere la Chiesa a fare pubblica ammenda. Shanley si dimostra però interessato a tematiche diverse e più complesse. Il film non si risolve quindi in una detection sulla colpevolezza o meno di Padre Flynn o sulla forza dei pregiudizi di Sorella Aloysius. Il contrasto e la difficoltà di discernimento stanno soprattutto altrove.Non a caso la vicenda ha inizio l’anno successivo all’uccisione di John Fitzgerald Kennedy. Il trauma nella società è stato forte ma nel mondo qualcosa sta mutando per sempre. Lo testimonia la foto del ‘papa morto’ (Pio XII) che ormai viene usata per vedere il riflesso della classe quando l’insegnante è voltata verso la lavagna ma che la superiora non ha sostituito con quella del papa del Concilio. Il film non si limita ad affrontare il tema del rinnovamento della Chiesa negli Anni Sessanta ma va oltre affrontando il nodo della complessità della lettura della realtà. È sufficiente essere progressisti per liberarsi d’ufficio da qualsiasi possibilità di errore? Al contrario: chi è favorevole alla conservazione ha il diritto di leggere in chiave solo negativa i comportamenti che non si confanno alla norma e si ispirano invece a un’umanità più vicina agli ultimi? Sono solo alcuni dei quesiti che il film pone lasciando poi allo spettatore il compito di dare una risposta sulla base delle proprie convinzioni o (perché no?) dei propri dubbi.

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