Cineclub con “Lezione 21” e “Galantuomini”

di Redazione

Galantuomini CASAGIOVE. Giovedì 27: Lezione 21 di Alessandro Baricco (Orario spettacoli: 16.00 – 18.30 – 21.15). Da venerdì 28 a martedì 2: Galantuomini di Edoardo Winspeare(Feriali16.00 – 18.30 – 21.15- Festivi 16.00 – 18.10 – 20.20 – 22.30).

LEZIONE 21

Un film di Alessandro Baricco. Con Noah Taylor, Clive Russell, Leonor Watling, John Hurt, Tim Barlow. – Drammatico, durata 92 min. – Italia 2008

Eccentrico e geniale o egocentrico e presuntuoso? Dubbio legittimo se qualcuno decide di attaccare frontalmente la “Nona sinfonia” di Beethoven prendendola come simbolo ed esempio dei capolavori sopravvalutati. Ben 141 nella storia del mondo, secondo il professor Mondrian Killroy, e ne vediamo alcuni, tra cui 2001 Odissea nello spazio e l’ Ulisse di Joyce – «amo Kubrick», ha puntualizzato Baricco, «non li ho scelti solo io» – in una delle prime sequenze del film Lezione 21 , il primo film dello scrittore, teatrante, musicofilo (ed ex critico), Alessandro Baricco. La lezione 21 è una mitica disquisizione di Kilroy, bizzarro docente con la faccia di John Hurt, a proposito di ciò che realmente successe il 7 maggio 1824, quel pomeriggio in cui, a Vienna, fu presentata la mitica “Nona” di Ludwig Van. Un thriller, un noir, quasi un western musicale per svelare una delle più grandi mistificazioni della cultura occidentale (e poi ce la prendiamo con la tv e Berlusconi), almeno a parere di Kilroy e, quindi, di Baricco. Quel capolavoro applaudito da tutti, il grande ritorno sulle scene di un Beethoven malato e vecchio, forse, non fu un trionfo, ma ce lo hanno disegnato così. Chi? Gli amici del musicista, i potenti del tempo, i benpensanti. E Mondrian Killroy decide di raccontarlo alla sua classe di discepoli adoranti raccontando la vicenda surreale del maestro di musica Hans Peters (Noah Taylor), una storia nella storia: la prima si svolge in una montagna innevata con una compagnia di giro buffa e affascinante, la seconda è una sorta di mockumentary con testimonianze di chi quel giorno di maggio c’era. O di chi comunque sapeva. A dividere la narrazione, gli intermezzi di chi sta raccontando il tutto, o meglio ricordando la mitica lezione 21: un gruppo di studenti, tra cui la pupilla del prof, una Leonor Watling ispirata e affascinante.

Liberazione

GALANTUOMINI

Un film di Edoardo Winspeare. Con Donatella Finocchiaro, Fabrizio Gifuni, Beppe Fiorello, Giorgio Colangeli – Drammatico, durata 100 min. – Italia 2008

Ignazio, Lucia e Fabio sono stati bambini felici e inseparabili nel Salento degli anni Sessanta. Adesso sono adulti tormentati e divisi nel Salento della Sacra Corona Unita. Ignazio è diventato un giudice stimato, rientrato a Lecce dopo aver esercitato la professione nel Nord Italia, Lucia è madre di un ragazzino e braccio destro del boss Carmine Zà, Fabio un appassionato giocatore di biliardo col vizio della cocaina. Al funerale di Fabio, stroncato da un’overdose, Lucia e Ignazio si ritrovano e si innamorano senza dichiararsi. Durante le indagini sul traffico di cocaina, Ignazio scopre il coinvolgimento di Lucia. Ferito e addolorato dalle bugie della donna e dalla rivelazione della sua vera natura, l’affronta, spingendola suo malgrado alla latitanza. Ma il giudice sedotto e la dark lady hanno ancora un conto d’amore da regolare e da consumare. Edoardo Winspeare, cognome inglese e cuore salentino, torna nei borghi antichi del Salento dopo il miracolo di Taranto, muovendosi lungo la frontiera tra noir e mélo. Dentro un ambiente luminoso e denso di umori abita un personaggio femminile di stupefacente bellezza, cupa e sgomenta davanti alla radicalità delle proprie decisioni: ispirare e guidare una squadra di criminali organizzati. “Femmina folle” e “lupa” tragica, Lucia è portatrice di un segreto sepolto che minaccia la sua vita apparentemente solare e l’amore ancora imploso per il giudice Ignazio. Un film regolato dal ritmo rapidissimo di una musica di possessione “pizzicata” alla chitarra, che non riesce a liberare la “tarantata” dal suo male. Generato da un ambiente criminale, il mélo del galantuomo e della signora della malavita (o mélovita) si chiude all’insegna della costrizione, che è quella tipica del melodramma, della condizione umana ma anche della società (lei è prigioniera dei suoi errori, lui dell’istituzione che rappresenta). Galantuomini testimonia come in periodi di crisi sociale e ideologica, il melodramma si dimostri un efficace strumento di rispecchiamento collettivo, adempiendo a quella funzione che nella Grecia antica era assunta dalla tragedia.

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