Ufficiali Nato in affitto nella villa del boss

di Redazione

Antonio IovineCASAL DI PRINCIPE. Via Toti numero 10. Sul confine tra la municipalità di Casal di Principe e San Cipriano. La villa è circondata e protetta da un alto muro, su di un ampio perimetro.

Il portone e il cancello in ferro. Gli accessi sono sorvegliati dall’interno da telecamere ultima generazione. Potrebbe essere una delle tante villone che riempiono gli spazi di questa regione del casalese: costruite come fortini, ricordano la logica medioevale a difesa del clan, piegate su se stesse, affacciate su quello che viene chiamato «il luogo », la corte interna. Con una differenza però. Questa è una delle proprietà immobiliari note della famiglia di Antonio Iovine (nella foto), classe 1964, detto «’O Ninno» perché piccolo di statura, tra i più pericolosi boss d’Italia, ricercato da oltre 12 anni. E con una peculiarità ancora più curiosa: la villa è ormai da tempo affittata ad ufficiali americani in servizio nelle vicine basi Nato. «Paradossale e assurdo, no? Le casse della Nato, cui contribuisce anche il governo italiano, alimentano quelle della camorra organizzata», dice Franco Roberti, coordinatore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Un fatto noto al comando provinciale dei carabinieri di Caserta, che assieme alla magistratura da tempo cercano di mettere sotto sequestro i beni della camorra, comprese le ville affittate alla Nato.

Quante? «Probabilmente centinaia — commenta il colonnello Carmelo Burgio, ex comandante della missione dei carabinieri a Nassiriya che da oltre 4 anni dirige gli oltre 1.360 carabinieri della provincia —. Con introiti milionari per la malavita locale, che così riesce a riciclare in modo pulito gli introiti delle sue attività illecite. Solo l’anno scorso, nel marzo 2007, riuscimmo a sequestrare beni pari a cento milioni di euro del clan Bianco-Corvino e a localizzare una cinquantina delle loro ville, che erano state acquistate grazie ad un largo giro di truffe alle assicurazioni auto. Di queste oltre 40 erano state affittate a militari americani stanziati nelle basi Nato campane. Oggi quasi tutte sono ancora abitate da ufficiali Usa con le loro famiglie. Ma gli affitti, che sono alti per queste regioni e variano in genere dai 1.500 agli oltre 3.000 euro mensili, vanno ora ad un fiduciario dello Stato». Alla procura di Napoli sospettano tra l’altro che anche il clan di Giuseppe Setola, considerato tra gli autori del massacro di sei giovani di colore poche settimane fa, abbia affittato alla Nato. «Occorre capire chi sono gli intermediari della camorra presso gli americani », dice preoccupato Raffaele Cantone, magistrato di Cassazione esperto dei Casalesi. La villa di via Toti ha un iter molto particolare. «Antonio Iovine, assieme a Michele Zagaria, detto “Capa storta”, e gli Schiavone è al comando della camorra casalese. Si arricchiscono anche con gli affitti alla Nato», dicono i carabinieri. «Calcoliamo che quella dove vive la famiglia di Iovine, sempre tra Casal di Principe e San Cipriano, valga almeno un milione di euro e quella molto vicina di via Toti oltre 800mila. Nell’aprile di quest’anno gli abbiamo sequestrato beni per il valore di 80 milioni di euro. Ma il giudice per le indagini preliminari ci ha negato i sequestri delle ville. In particolare, per quella intestata alla madre di Iovine e affittata agli americani, ci è stato detto che non ci sono prove sufficienti per dimostrare che è stata comprata con fondi sporchi», specifica il tenente dell’Arma Giuseppe Tomasi, da oltre trent’anni impegnato nella lotta alla camorra.


La scorsa estate i carabinieri hanno arrestato la moglie di Iovine, Enrichetta Avallone, 40 anni, accusata di aver garantito i contatti tra i il marito latitante e i camorristi. La villa venne intestata alla madre al momento del suo acquisto nel 1986: valore di allora 15 milioni di lire per oltre 500 metri quadri edificati. Come dimostrare che è stata acquistata con fondi illegali? Risponde il colonnello Burgio: «Sono maestri nella truffa. La moglie di Iovine aveva ideato un ottimo sistema per i beni più costosi. Vestiti, mobili, televisori, video erano tutti corredati dai bigliettini da cui risultava che erano regali di amici, conoscenti e parenti, così non doveva dimostrare con che soldi li aveva comprati». Persino le centinaia di scarpe con marchi costosi negli armadi erano contrassegnate come improbabili doni.

dal Corriere della Sera (Lorenzo Cremonesi)

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