I clan Bidognetti e Schiavone decapitati: ma la guerra è ancora lunga

di Raffaele De Biase

Francesco BidognettiCASAL DI PRINCIPE. All’indomani dell’operazione dei Carabinieri che ha portato all’arresto di Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo e Giovanni Letizia, si può dire che è decisamente mutata la geografia di una storica fazione delclan dei casalesi.

Quella sino a poco tempo fa capeggiata dal boss da anni detenuto Francesco Bidognetti detto “Cicciotto ‘e mezzanotte”. L’arresto dei tre nuovi vertici di un gruppo ormai resosi autonomo anche da quello che era il suo primissimo referente, e ciò senza addivenire nemmeno ad una vera e propria scissione, segna, infatti, una vera e propria decapitazione di una banda, quella dei “cicciottiani”, da sempre segnalatasi per la cruenza delle sue azioni.

Chi parla di salto assoluto in termini di violenza operato da parte dei tre arrestati dimentica con troppa facilità il numero di morti ammazzati che produsse tra la fine degli anni novanta e l’inizio del duemila la faida fra Salvatore Cantiello (“Carusiello”) con Luigi De Vito da una parte (quelli sì veri e propri scissionisti) e Francesco e Domenico Bidognetti dall’altra. Il motivo scatenante all’epoca fu l’omicidio di Salvatore Bidognetti, fratello di Domenico, unitamente alla rivendicazione di una posizione di preminenza da parte di Cantiello. Quest’ultimo, in buona sostanza, non accettava di essere scavalcato dai figli di Cicciotto, Aniello e Raffaele. Anche allora i morti ammazzati si susseguirono in maniera spaventosa a ritmo impressionante, a dimostrazione del grado di efferatezza dei bidognettiani. In tal senso Cirillo, Spagnuolo e Letizia sono “solo” gli eredi di una “scuola” collaudata.

Una scuola, quella targata “Cicciotto ‘e mezzanotte”, le cui porte pare siano state chiuse per sempre dalle ultime operazioni portate a termine dalle forze di polizia. Certo, rimane ancora uccel di bosco un certo Peppe Setola, la cui pericolosità è un dato oggettivo, corroborato, fra l’altro, dalla sua storia personale. Ma Setola, senza Cirillo, Spagnuolo e Letizia, ora è solo con qualche instabile fiancheggiatore ed è braccato da una Dda che ha provveduto appena due giorni fa, attraverso la Guardia di finanza, a sequestrare preventivamente tutti i beni mobili e immobili riconducibili alla sua persona, per un valore di 10 milioni di euro. Da non sottovalutare, inoltre, il quadro informativo che la prosecuzione delle collaborazioni di Domenico Bidognetti ed Anna Carrino contribuirà fortemente ad arricchire rendendo l’azione delle forze dell’ordine ancora più efficace. E come quella di Bidognetti anche la fazione degli Schiavone, facente capo a Francesco Schiavone detto “Sandokan”, è da considerare decapitata dopo le 107 ordinanze di custodia cautelare eseguite dalla polizia su richiesta della Dda.

Tutto bene quel che finisce bene dunque? Non proprio. Il crollo verticale annunciato della fazione bidognettiana o di ciò che della stessa era rimasto non deve far pensare ad un guerra vinta con la camorra, né indurre ad una visione parcellizzata e confusa di un clan, quello dei casalesi, che vede la sua componente più consistente e radicata nel mondo degli affari, ancora viva, vegeta ed operante. Tuttora ben saldi e presenti sul territorio, infatti, sono i gruppi di Antonio Iovine e Michele Zagaria, nonostante le recentissime ordinanze di polizia emesse ai danni di molti aderenti e presunti tali al clan. Una latitanza, quella di Iovine e Zagaria che, come quella di Raffaele Diana e di Nicola Panaro, reggente per conto degli Schiavone a Casal di Principe, dura da molti anni. Creatori di un sistema estorsivo più raffinato, più propensi a fare affari e a cercare nella connivenza, nella corruzione e nel riciclaggio i modi operandi della propria attività, Zagaria e Iovine avranno sicuramente mal digerito l’attenzione che la violenza di Cirillo e compagnia ha determinato sul territorio di Casal di Principe e dintorni, e non è escluso che i due possano aver addirittura “gradito” il loro arresto, auspicando che con esso si ritorni al “quieto vivere” di prima. Sta ora alla magistratura, alle forze dell’ordine ed alla stessa e spesso troppo distratta classe politica far capire ad Antonio Iovine, Michele Zagaria, Nicola Panaro, Raffaele Diana e Mario Caterino che le cose non stanno così, che la guerra è appena iniziata e che lo Stato, quello vero, ha tutta l’intenzione di vincerla.

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