Cosentino: “Saviano rende un cattivo servizio all’Antimafia”

di Redazione

Nicola CosentinoCASAL DI PRINCIPE. «Ha acceso i riflettori su una realtà troppo buia, ma tanti altri combattono la camorra ogni giorno» Sottosegretario, ha visto? Oltre 160 mila firme, appelli di premi Nobel, insomma per Roberto Saviano è un plebiscito.

«E’ un grande… intendiamoci ha acceso i riflettori su una realtà che andava illuminata, ma…». Ma cosa? «Saviano non è l’unico, il solo… e rende un cattivo servizio a tutti quei servitori dello Stato che ogni giorno sono impegnati nell’Antimafia, a quelle persone perbene, anche ai politici che con la camorra non hanno nulla a che vedere».

Eccolo qua, Nicola Cosentino, il sottosegretario all’Economia, nato e cresciuto a Casal di Principe, Gomorra, ma poi esiliato a Caserta, segretario regionale di Forza Italia. Da settimane è sotto tiro dei pentiti, dei magistrati, della stampa per le sue relazioni pericolose con i Casalesi. Succede persino che un autorevole parlamentare forzista a Roma racconti per strada che ha saputo da un altro collega che «la procura di Napoli ha chiesto l’arresto di Cosentino». Insomma, è sulla bocca di tutti. Ma il sottosegretario non molla, respinge le accuse, si difende. Cosentino, sia il presidente Berlusconi che il ministro Tremonti la stanno coprendo…. «Mi copre la mia coscienza. In tanti anni di politica mai un avviso di garanzia. E i miei fratelli, le loro imprese non hanno nessun rapporto con la pubblica amministrazione».

Di interviste non vuole sentire parlare. «Sono un uomo di Stato. Ho deciso con i miei avvocati di andare in Procura a difendermi da accuse che non stanno in piedi. Magari l’intervista la facciamo dopo». Solo che, da quel che trapela, la Procura antimafia di Napoli non ha, in questo momento, nessuna intenzione di ascoltarlo. E allora, di fronte a tutte le accuse il diritto di replica è d’obbligo.
Dunque, i verbali dei pentiti. Il sottosegretario spiega che la maggior parte sono dichiarazioni antiche, «fino al 1996», e che la Procura conoscendole non le ha ritenute «attendibili». Poi è arrivato, negli ultimi mesi, l’imprenditore Gaetano Vassallo, che ha parlato di una «bustarella» di 50 mila euro smentita dall’altro imprenditore Sergio Orsi. Ma sempre Vassallo ha anche accusato Cosentino di essere intervenuto invece per favorire la realizzazione dell’inceneritore di Santa Maria la Fossa, ormai di competenza di «Sandokan», Francesco Schiavone: «Fesserie – replica Cosentino – ma se tutti lo sanno che io sono sempre stato contrario, e l’ho detto pubblicamente, agli inceneritori…».

Appalti, fratelli, relazioni pericolose. Il problema di Nicola Cosentino non sono solo i magistrati e i pentiti, ma anche la fronda interna a Forza Italia, che lui stesso ha denunciato in una conferenza stampa. Adesso, l’ultima calunnia che si racconta è che, a proposito degli inceneritori, Berlusconi ha annunciato il quinto inceneritore in Campania (non previsto dal decreto del sottosegretario Bertolaso), che dovrebbe realizzarsi a Giugliano. «E’ terra dei Mallardo, la famiglia alleata con i Casalesi – dicno i calunniatori forzisti – e questo significa che se dovesse saltare un inceneritore c’è l’altro per soddisfare gli appetiti camorristici».

Torniamo a quelle «antiche» dichiarazioni di pentiti fino al 1996. Dario De Simone racconta che i Casalesi avevano già votato per Cosentino. «Fesserie – replica il sottosegretario – io nel ‘94 ho votato a sinistra. Mani Pulite aveva distrutto il mio partito, il Psdi, e io andai nell’Alleanza democratica. Votai alla Camera per l’ex comunista Lorenzo Diana, al Senato per Corvino. E già nel ‘93 votai il candidato a sindaco di Casal di Principe, Renato Natale. Un vero sindaco antimafia».
Lui, della storia delle relazioni pericolose dei fratelli, dice che non ha nulla da chiarire: «Un mio fratello si è fidanzato con la sorella di Peppe ‘o padrino (killer dei Casalesi, all’ergastolo, ndr) quando lui era un ragazzino. Un altro, la figlia di uno che fu arrestato nel blitz contro i Casalesi. Morì in carcere ed era innocente». E del fatto che i suoi fratelli sono stati identificati in compagnia di pregiudicati? «Mica si possono chiedere a tutti i certificati penali… Altro discorso è se con i pregiudicati si fanno affari. Non mi pare che questo sia il nostro caso».

Si infervora quando difende la sua famiglia, l’impero economico costruito nella provincia di Caserta e non solo: «I miei fratelli fondarono l’Aversana Petroli nel 1975, fornendo carburante agricolo, poi si allargarono con le attività industriali, poi le forniture di gas, i distributori di benzina. Sono dieci anni che le imprese dei miei fratelli non hanno rapporti con la pubblica amministrazione. In politica da tanti anni, ai sindaci che fanno riferimento a me non ho mai chiesto incarichi o appalti per i miei fratelli. Questa è la verità. Se i magistrati mi vogliono ascoltare…».

La Stampa (GUIDO RUOTOLO)

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