Lettera-appello a Chiesa e Istituzioni: riflessioni

di Redazione

Alberto CoppolaAVERSA. Leggendo la recente Lettera-appello alla Chiesa ed alle Istituzioni, a firma dei nostri cinque concittadini Alberto Coppola, Antonio De Chiara, Raffaele Maisto e Raffaele Ferrara, più che a un’ecumenica omelia (come è stata ribattezzata da qualcuno) …

… abbiamo pensato subito ad un tentativo di emulazione di quel “wishful thinking” tanto caro alla contemporanea cultura statunitense: una sortita “alla Barack Obama de noantri”, detto simpaticamente e senza alcuna allusione ironica.

Con la differenza che il vero Obama può contare su una rete di Chiese cristiane, protestanti, riformatrici, serie e credibili finanche nei loro eccessi, mentre un suo improbabile seguace in terra aversana a malapena si ritroverebbe al fianco una Chiesa cattolica, apostolica e “romana” (nel senso deteriore del termine), furbetta, rozza e retrovedente.

Eppure il documento in sé non è quel condensato retorico di “fuffa” ed aria fritta che vorrebbe lasciar credere di essere ad un primo sguardo disattento e prevenuto. C’è una trama sottile e nient’affatto banale che ne sottende l’impalcatura e che si nota in filigrana con netta evidenza. Si riparte in buona sostanza dalla ricerca di un’identità precisa e non del tutto perduta per Aversa e gli aversani, non intesi evidentemente come i “contenuti” delle sole mura daziarie normanne. Ed a nostro avviso ciò rappresenta una buona idea-forza, un buon collante, tanto per cominciare a ragionare. O almeno si spera.

Tuttavia è bene prestare attenzione sin da subito sul dove si potrebbe andare a parare. Fra una serie di prevedibili tavoli tematici, convegni e nobili pensieri allo scopo di dare un’anima e un programma a tale “anelito di resurrezione territoriale”, e l’andare per piazze per coinvolgere cittadini con o senza un “fondo” ben pensato ed elaborato, c’è come sempre la terza via, quella più facile a prendersi: l’autoreferenzialità di chi non può fare a meno di darsi alla politica, per gusto o per mestiere.

In tal senso alcuni “poco benevoli” commenti raccolti qua e là sulla Lettera in questione, pur nella loro grevità tardo-partigiana o sfascista, devono necessariamente far riflettere, rappresentando la punta dell’iceberg di reali, oggettivi e comprensibilissimi disagi misti a più che sacrosante valutazioni di merito e di met odo su uomini e fatti chiamati direttamente ed indirettamente in causa dalla Lettera stessa.

I tempi son cambiati e stavolta non per solo modo di dire. Il Terzo Millennio ha portato con sé una sorta di restringimento della dimensione spazio-temporale: ogni anno che passa sembra un secolo. C’era una volta ad Aversa una moltitudine di persone fra i 18 e i 35 anni, disillusa, incazzata, che cercava ancora risposte politiche. C’è oggi una stessa moltitudine disillusa, rassegnata, che “ha imparato la lezione” e ha smesso di cercare risposte politiche. Presentarsi a questa moltitudine coi soliti, vecchi schemi, approcci e liturgie, se non addirittura con le stesse facce, equivale a farsi mandare velocemente a quel paese, senza “se” e senza “ma”: “Perché tanto lo so che sei solo un politico!” sembra sentir dire da tanti di loro.

Il dato oggettivo è che si troveranno sempre meno persone disposte a scommettere sullo “Stato apparato” e a lavorarci “dentro” coi suoi rappresentati politico-istituzionali periferici. L’Italia ed ancor più particolarmente la “pre-politica” Aversa sono tornate in buona sostanza ai tempi dell’assolutismo da Ancient Regime, quando esistevano una burocrazia e una nobiltà che governavano per diritto acquisito, e tutto ciò era individuato come il solo Stato. Certo, oggi non si può ricominciare da Mirabeau e dal Giuramento della Pallacorda, anche perché non disponiamo nemmeno di un pezzo di ceto dirigente abile e pronto a dare rappresentanza politica a chi è “fuori dallo Stato”.

E allora bisogna andare a cercare ancora più in basso, in tutti i sensi. La nuova strada è quella della “guerriglia morale” casa per casa, rione per rione, paese per paese, cioè nelle città e nelle amministrazioni comunali. E anche lì, o forse soprattutto lì, c’è da confrontarsi con le mafie locali, con le “associazioni a delinquere legalizzate” (o corporazioni trasversali) di politicanti, nuovi ricchi “parvenu”, pseudo-sindacalisti e imprenditori squallidamente rozzi, egoisti e strafottenti.

Resta chiaro che, anche in una parvenza di democrazia come quella attuale, i partiti politici risulteranno essere condizioni necessarie….ma non sufficienti! Lo vedreste voi un qualunque dirigente politico delle nuove leve e di successo andare perennemente per strade e piazze con un alto livello di disagio sociale, dove comandano i “pusher” della droga, dove anche svolgere l’attività di muratore precario è considerato un lusso ed un privilegio “di status economico”? Per gente così, meglio tapparsi in una qualche sala da convegni!

Occorre dunque un’integrazione-alternativa fattibile e concreta a questo stato di cose che attanaglia (ed isola nei propri orticelli) tutti i partiti di qualsiasi consistenza elettorale, da quelli facenti parte di coalizioni a quelli legati a storici blocchi cultural-ideologici.

Questo perché se smettiamo di pensare alla politica ed alle risposte che può darci, la politica continua a pensare e soprattutto a scegliere per noi, condizionando la nostra vita individuale e collettiva. E allora, sic rebus stantibus , anche dal punto di vista di una generica convenienza personale, è meglio “partecipare”, in un modo o nell’altro, piuttosto che essere spettatori-vittime passive. In altre parole, occorre saper toccare anche i tasti giusti dell’imperante individualismo “fancazzista” carpendone i codici comunicativi……e facendo capire con ragionamenti semplici, lineari e concreti che il lasciar perdere del tutto l’impegno civico-politico vuol dire essere veramente fessi ed offrire apertamente il deretano a chiunque voglia approfittarne.

Un cambio di marcia, quindi, che presuppone un cambio di mentalità e di linguaggio, a prescindere dai dati anagrafici e di genere di ognuno, e che riparta dall’unico principio che ha reso grandi e degni di essere ricordati gli ultimi due secoli scorsi, cioè il mutualismo civico dal basso. Riscoprendo cioè la grande tradizione di pragmatica concretezza, e mai come oggi di sconvolgente attualità, delle prime leghe contadine ed operaie italiane e delle società e cooperative di mutuo soccorso, che, come molti sapranno, sorsero sia nell’ ambito della Sinistra politica (il Repubblicanesimo ed il Socialismo), sia in quello del Cattolicesimo Popolare di base.

Ecco in che modo, a nostro sommesso avviso, si può operare in tal senso a partire dai Comuni:

a)Trasformare il comune sentimento civico in una rete autofinanziata di militanti/volontari autonomi che operi sul territorio per l’ identificazione di problemi concreti e proposte concrete per la loro risoluzione.

b)Fornire “assistenza civica” sul territorio, comunicando problemi e cercando risoluzioni ad essi (e propagando il tutto altrove) attraverso il fondamentale strumento della Rete informatica.

c)Dare a tale organizzazione civica un leggero ed unitario collante “politico” e mai “ideologico” (principi di liberta’, equità. pari opportunità, trasparenza, sussidiarietà, merito, responsabilita’, partecipazione e senso civico, solidarietà ecc.) con una struttura direttiva molto snella, con limiti temporali alle cariche dirigenziali elette democraticamente. In una parola “pochissimi generali e tantissimi soldati” con un’ intelligenza collettiva, più che una piramide di potere.

d)Utilizzare lo strumento “Primarie” per qualsiasi carica al di sopra di quella di volontario locale e senz’altro per la scelta di candidati alle elezioni amministrative.

e)Garantire la consultaz ione on-line tra gli aderenti all’organizzazione civica sul tipo di scelte strategiche “di massima” selezionate dai dirigenti.

f)Munirsi almeno di una struttura di consulenza e patrocinio legale (penale, civile, amministrativo e giuslavorista) e di uno staff di esperti in economia, tecnologia eco-ambientale, informatica, pianificazione territoriale e programmazioni complesse.

g)Favorire e incentivare i rapporti umani, comunitari, interpersonali e conviviali tra i volontari dell’organizzazione civica.

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