Legalità e retorica: il caso della villa di Walter Schiavone

di Raffaele De Biase

la villa confiscata a Walter SchiavoneCASAL DI PRINCIPE. La politica nazionale e regionale a fronte di una martellante propaganda mediatica portata avanti a colpi di evanescenti, quanto strombazzati, protocolli d’intesa non si può dire che abbia prodotto risultati sufficientemente incisivi nel quadro del contrasto al crimine organizzato.

Un esempio lampante di questa sconfortante verità è dato dal mancato riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati. Emblematico il caso dell’ormai celeberrima o famigerata che dir si voglia villa di Walter Schiavone, sita in Casal di Principe e confiscata dal 1998. Sì signori, avete capito bene, 1998, vale a dire dieci anni or sono, durante i quali la villa in oggetto è stata nella piena disponibilità del Comune di Casal di Principe ed ormai sono diversi anni che la stessa è nella gestione del consorzio ‘Agrorinasce’ a cui il Comune l’ha ceduta in comodato d’uso. Dopo i primi nove anni, diciamo così di sbandamento, si è deciso, finalmente, nel 2007, di concerto con Regione Campania, Comune di Casal di Principe, Asl Ce2 e Consorzio Agrorinasce di farne un centro sportivo riabilitativo per disabili dai contenuti d’avanguardia e di affidarne la progettazione alla facoltà di architettura della Seconda Università di Napoli. Idea sulla carta encomiabile. Peccato, però, che sulla carta sia rimasta. Dal sito del presidente Antonio Bassolino si annuncia: “La progettazione esecutiva sarà portata a termine per il15 luglio 2007 mentre la fine dei lavori è prevista per il 30 giugno 2008.” Per ora, fine agosto 2008, la villa, al di là dell’abbattimento di una delle due scale che le hanno garantito l’apparentamento a quella del film ‘Scarface’, non ha visto altro tipo d’intervento se non quello ennesimo degli uomini della camorra che lo scorso maggio hanno completato l’opera di devastazione avviata anni addietro, all’indomani della confisca, asportando quel poco che c’era ancora da asportare e tagliando alcuni degli alberi presenti nel lussureggiante, quanto ormai incolto, giardino dell’ imponente dimora.

Ora, al di là della legittima domanda su cosa sia stato fatto per il recupero del bene in oggetto nei primi nove anni dalla data della confisca definitiva, ci si chiede, con riferimento all’oggi, come mai i lavori tanto annunciati a seguito di cotanto accordo con la Regione Campania tardino a partire. La stessa Regione Campania, fra l’altro, ha stanziato di recente per il recupero del bene alle finalità previste ben 1.600.000 euro, dopo una prima erogazione poi ritenuta insufficiente di 400mila euro. Al momento, però, tutto tace e di ruspe e operai intenti a lavorare in modo indefesso a “casa Scarface” non si vede neanche l’ombra. Si vedono, invece, eccome, ai vari convegni e simposi munificamente organizzati sul tema dalla Provincia di Caserta e dalla Regione il presidente di ‘Agrorinasce’ Immacolata Fedele e tutti i cosiddetti operatori della legalità che, però, evidentemente, quando si tratta di battere i pugni su qualche tavolo particolarmente ozioso per smuovere le acque sono un po’ riluttanti. In questi anni non una denuncia c’è stata su pressioni evidentemente subite da chi comunque è coinvolto nell’azione del recupero del bene a fini sociali. Non si spiegherebbero altrimenti queste lungaggini che, soprattutto ora, a finanziamenti stanziati, sono da ritenere inammissibili. Il monumento alla potenza camorristica continua, dunque, a restare “intonso” e intanto pare che Giuseppina Nappa, la moglie del boss Francesco Schiavone, fratello dell’ex proprietario della villa suddetta, abbia abbandonato con i figli la storica magione di via Bologna per occupare una prestigiosa residenza costruita negli ultimi anni a Casale nel silenzio e nell’acquiescenza degli abitanti e delle autorità del posto. La speranza è quella di non ritrovarsi al prossimo agosto a scrivere un articolo di analogo contenuto.

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