“Tassa” sui reggiseni grandi: protesta delle maggiorate inglesi

di Antonio Taglialatela

LONDRA. Ci mancava anche la “tassa sulle tette grandi”. La catena britannica di negozi “Marks & Spencer” ha applicato un sovraprezzo sui reggiseni di taglia grande: due sterline in più, circa tre euro.

Non si tratta, certamente, di una cifra esorbitante, il problema è di principio. Numerose le proteste giunte all’azienda, la più originale costituita dal “picchetto virtuale” su una pagina di Facebook, che finora ha raggiunto 700 membri (tra cui molti uomini “fan” dei seni prosperosi), creata dalla giovane inglese Beckie Williams. L’accusa verso la M&S è di aver violato “il principio di uguaglianza, che dovrebbe essere applicato alla biancheria intima, così come succede con i vestiti”. “Pantaloni e magliette hanno lo stesso prezzo a prescindere dalla grandezza”, si legge sulla homepage della pagina “Buste 4 justice”, dove risalta la foto della bella Lynda Carter, interprete di Wonder Woman.

Ma l’azienda si difende: “La collezione al centro delle proteste è piaciuta molto alle nostre clienti e un’inchiesta di mercato ha rilevato che la maggioranza è disposta a pagare una piccola somma in più”. L’aumento del prezzo per reggiseni coppa DD e oltre sarebbe giustificato, secondo la M&S, dal livello di supporto, dall’innovazione e dalla tecnologia richiesti per l’indumento. “Ci sono dai 25 ai 30 componenti in ogni singolo reggiseno, le taglie grandi ne hanno bisogno un numero superiore, oltre a richiedere bretelline e supporti più forti”, ha dichiarato una portavoce della catena di negozi.

Spiegazioni che non bastano alle incavolate maggiorate, le quali annunciano di voler boicottare i prodotti della M&S.

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