Pescara, il pentito D’Agostino uccide il titolare di un lido

di Antonio Taglialatela

il lido Apollo di PescaraCESA. Michelangelo D’Agostino, 53 anni, pregiudicato di Cesa, è ricercato dalla Squadra Mobile di Pescara per l’omicidio di Mario Pagliari, 64 anni, titolare dello stabilimento balneare “Apollo” della città abruzzese.

D’Agostino avrebbe ucciso Pagliaro domenica pomeriggio, intorno alle 17.30, nel Parco Villa de Riseis, sul lungomare di Pescara, dinanzi al lido gestito assieme al figlio. L’imprenditore pescarese è stato raggiunto da due proiettili, uno alla testa e uno al fianco, ed è morto durante il trasporto all’ospedale civile di Pescara. L’assassino, che ha agito a volto scoperto, scappando via con la pistola, si è avvicinato alla vittima mentre questa giocava a pallone nel parco. I due avrebbero avuto una discussione, forse derivata da futili motivi, culminata con due colpi di pistola esplosi dal D’Agostino contro Pagliaro, il primo al fianco, il secondo, mortale, alla testa. In quel momento c’erano molte persone nel parco, in particolare bambini, che tornavano dal mare per partecipare ad una festa.

Sul posto sono intervenuti gli agenti della Squadra Mobile, con il dirigente Nicola Zupo, e la Polizia scientifica per i rilievi, oltre al sostituto procuratore Filippo Guerra. Gli investigatori avrebbero identificato D’Agostino grazie alle testimonianze di alcuni presenti. Un elicottero della polizia si è alzato in volo e ha perlustrato a bassa quota il centro cittadino, in cerca dell’assassino che ha fatto perdere le proprie tracce. Posti di blocco sono stati istituiti in tutta la città. Le ricerche si sono estese anche in Campania, dove l’uomo potrebbe trovare rifugio.

Il pregiudicato, che dormiva all’interno di uno chalet realizzato nel parco o alla Caritas di Pescara, lavorava per conto di una cooperativa, “La Cometa”, che si dedica al reinserimento sociale di persone in difficoltà, come ex tossicodipendenti ed ex detenuti. Stava scontando una pena di 30 anni di carcere ma era stato dato in affidamento alla cooperativa.

D’Agostino (due soprannomi, “Khomeini” e il “killer dei cento giorni” per i ben 15 omicidi attribuiti a lui in soli tre mesi) è un collaboratore di giustizia, ex affiliato alla famigerata organizzazione camorristica Nco (Nuova camorra organizzata) che negli anni ’80 venne fondata nel napoletano da Raffaele Cutolo. Ritenuto autore di diversi omicidi, fu arrestato nel 1983 dopo un conflitto a fuoco. Subito dopo decise di pentirsi e, per vendetta, il clan uccise suo padre, Isidoro, nella piazza di Cesa. Nel 1986 fu uno dei testimoni che accusò il noto conduttore televisivo Enzo Tortora di essere organico alla Nco di Cutolo, anche se l’attendibilità delle sue dichiarazioni veniva spesso messa in discussione, tanto che lo stesso affermò di aver accusato Tortora e altra gente perchè gli sarebbero stati concessi dei permessi di libertà. Negli anni ’90 contribuì, assieme ad altri pentiti, a far infliggere la prima condanna all’ergastolo al boss del clan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone, per l’omicidio dell’allevatore bufalino Saverio Ianniello. Secondo l’accusa, l’agguato fu una risposta dei Casalesi alla Nco di Cutolo che tentava di infiltrarsi negli affari del clan casertano. Una vita criminale molto movimentata, una serie di accuse molto gravi, due soprannomi, Khomeini e il ‘killer dei cento giorni’ per i ben 15 omicidi attribuiti a lui in soli tre mesi. Michelangelo D’Agostino non è solo noto per essere stato un affiliato al clan di Raffaele Cutolo. Nell’ottobre del ’97, quando da collaboratore di giustizia in regime di semilibertà fu inviato in Piemonte, portò a termine due rapine in rapida successione, prima di una Hyundai coupé, poi dell’incasso del gestore di un distributore di benzina. Inseguito dai carabinieri, iniziò una folle corsa per le strade di Torino fino ad andare a schiantarsi contro un semaforo alla periferia della città. Cominciò a sparare contro i carabinieri, prese in ostaggio tre persone, tra cui una donna che spingeva la carrozzina con il figlioletto e si arrese solo dopo essere stato ferito con due colpi di pistola.

La testimonianza di Michelangelo D’Agostino al processo “Enzo Tortora”

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