Omicidio Pescara, arrestato il killer D’Agostino

di Antonio Taglialatela

Michelangelo D’AgostinoPESCARA. E’ durata circa 48 ore la fuga di Michelangelo D’Agostino, il 53enne casertano che domenica pomeriggio ha ucciso a Pescara, nel Parco Villa De Riseis, l’ex pescatore Mario Pagliari, titolare dello stabilimento balneare “Apollo”.

Molti credevano che avesse abbandonato l’Abruzzo per venirsi a nascondere in Campania, sua terra natia (è originario di Cesa, una piccola cittadina in provincia di Caserta). Invece si trovava ancora nei pressi della città dove ha compiuto il delitto.Due carabinieri della stazione di Spoltore, infatti, lo hanno individuato e messo in manette tra Pescara e Spoltore, nei pressi del ponte “Capacchietti”. L’uomo, ex camorrista della Nco di Raffaele Cutolo, in passato collaboratore di giustizia e testimone del processo contro Enzo Tortora, aveva ancora addosso la pistola con cui ha ucciso Pagliari e, al momento dell’arresto, quandoi militari gli hanno spianato davanti i mitra, non ha opposto resistenza.

Era a piedi sul lato destro del ponte Capacchietti, in direzione di Rancitelli, e il suo atteggiamento e gli abiti sdruciti hanno subito destato sospetto nei militari – come hanno spiegato il maresciallo Donato Miccoli e l’appuntato Giovanni Talamo, che lo hanno fermato. Era fisicamente provato, trascurato e sudato. La pistola, una calibro 7,65, veniva portata dall’uomoin una busta per la spesa, con quattro colpi nel caricatore e uno in canna. Vedendo i militari armati, il 53enne ha ammesso di essere D’Agostino e ha capito che non era il caso di fuggire, siè subito arreso. I carabinieri avevano avuto notizie che era in provincia. Al momento della cattura aveva degli abiti diversi da quelli indossati nel giorno del delitto.

Ai carabinieri D’Agostino ha dichiarato di”avere nel Dna” l’indole assassina e di sapere che il suo destino è di “proseguire la vita in carcere”. Riguardo all’omicidio Pagliariha detto che gliè “partita la testa”, che si sentiva “sfruttato” e pensava che si approfittassero di lui per la sua situazione di detenuto in licenza lavorativa. Ha poi raccontato di aver dormito in un sottotetto di un palazzo dietro alla stazione ferroviaria.

I militari del comando provinciale dell’Arma, guidati dal comandante Giovanni Esposito Alaia, hanno riferito che subito dopo l’omicidioil pregiudicatosi era messo in contatto con il fratello Massimiliano, che abita a Cesa, per chiedergli di venirlo a prendere, dandogli appuntamento in via Cesare Battisti, dove l’uomo aveva abitato per un periodo nel 2005. Il fratello, giunto a Pescara, era stato intercettato dai carabinieri, posto sotto osservazione e rimandato in Campania.

Secondo le testimonianze raccolte, sembra che D’Agostino, addetto alle pulizie del parco, dove viveva all’interno di una casupola, litigasse spesso con Pagliari e altri anziani frequentatori del parco. A questi non era gradita la sua presenza, forse a causa del suo atteggiamento poco rassicurante, dei suoi innumerevoli precedenti penali e del suo sbandierare l’appartenenza alla camorra, o meglio alla Nuova Camorra Organizzata fondata da Raffaele Cutolo che negli anni ’80 si contrapponeva al clan casertano dei Casalesi.

Sabato pomeriggio, il giorno prima dell’omicidio, D’Agostino aveva già avuto una discussione con Pagliaro, sembra l’avesse minacciato di morte. Il giorno dopo, poi, siè ripresentato armato e l’ennesima lite è culminata con due colpi di pistola esplosi dal pregiudicato all’indirizzo dell’imprenditore balneare. Il primo proiettile ha raggiunto il 64enne al ventre, con quest’ultimo che avrebbe detto: “Che hai fatto? Mi hai sparato? Sei pazzo”. Il secondo colpo, mortale, alla testa. “Io non ho paura di nessuno”, avrebbe rilanciato D’Agostino prima di ammazzare Pagliaro, sotto gli occhi dei figli e di altre persone presenti, per poi fuggire a piedi con la pistola.

Intanto, mentresi attendono irisultati dell’autopsia sul corpo di Pagliaro (che ieri sarebbe diventato nonno, la moglie del figlio Alessandro ha partorito un maschietto a cui è stato dato il suo nome, Mario), infuria la polemica nella città abruzzese, sia da parte dei cittadini che negli ambienti politici. “Ma come fa uno che è stato mezza vita in carcere a lavorare nel parco dei bambini? È incredibile”, si domandano alcuni residenti del Borgo Marino Nord. E, in effetti, è incredibile che una persona che ha passato mezza vita in carcere, che alle spalle ha condanne per associazione camorristica, che è stato accusato di numerosi omicidi (non a casa è soprannominato “il killer dei cento giorni” per aver ucciso 15 persone nel giro di tre mesi), che doveva finire di scontare una pena di 30 anni di reclusione, che già durante i permessi di libertà era ritornato a delinquere (nel ’97, a Torino, mise a segno due rapine e cominciò a sparare contro i carabinieri prendendo in ostaggio tre persone, tra cui una donna con il figlio nel carrozzino, arrendendosi solo dopo essere stato ferito), che era già noto anche nella stessa Pescara (l’anno scorso aveva rapinato una tabaccheria), che non si era rivelato affidabile nemmeno da collaboratore di giustizia (accusò il conduttore televisivo Enzo Tortora di essere organico alla Nco di Cutolo, per poi ritrattare affermando che lo faceva per avere permessi di libertà), lavorasse come addetto alle pulizie in un parco pubblico.

D’Agostino, che non era il custode del Parco Villa de Riseis dove è avvenuto il delitto (come inizialmente si era detto), circa un paio d’anni fa uscì dal carcere e fu assegnato ad una cooperativa, “La Cometa”, che si dedica al reinserimento sociale di persone in difficoltà, come ex tossicodipendenti ed ex detenuti. Poi, dopo la rapina alla tabaccheria ritornò in carcere. Fino al 20 gennaio scorso aveva scontato diverse pene a Castelfranco Emilia (Modena). Dal 21 gennaio aveva ottenuto di scontare il resto della pena, fino al 21 gennaio 2009, in una casa-lavoro a Castelfranco. Poi l’11 marzo scorso aveva ottenuto una licenza lavorativa per un contratto a tempo determinato a Pescara. Non è ancora chiaro se tale contratto era tra il D’Agostino e “La Cometa” oppure con un’associazione ricreativa che opera sempre all’interno del parco Villa de Riseis. Si pensa che il pregiudicato avesse paura di ritornare in carcere se qualcuno l’avesse segnalato alle autorità come persona, per così dire, poco idonea alla società. Forse proprio l’ostilità nei suoi confronti manifestata dai frequentatori del parco lo avrebbe indotto al sanguinoso gesto.

La “solidarietà” girata attorno al D’Agostino è oggetto di forte contestazione da parte dell’opposizione consiliare, che stamani ha scritto una lettera al sindaco di Pescara, Luciano D’Alfonso, chiedendo la rescissione immediata dell’affidamento della gestione del Parco di Villa De Riseis alla cooperativa “La Cometa”, “già coinvolta nell’affaire verde pubblico”. Per i consiglieri di minoranza Lorenzo Sospiri, Marcello Antonelli, Luigi Albore Mascia, Roberto Renzetti e Guido Cerolini Forlini “non è tollerabile ed accettabile che un operatore a cui viene assegnata la custodia di un parco pubblico molto frequentato da mamme, anziani e bambini giri indisturbato armato”. “Sono peraltro intollerabili ed inaccettabili – incalzano i consiglieri del centrodestra – le dichiarazioni del responsabile della Cooperativa La Cometa che ricorre ad alibi inesistenti e dichiara ‘siamo una cooperativa per persone disagiate e non stiamo certo a chiedere a che si rivolge a noi che tipo di problemi ha avuto. Se girava con la pistola non lo so’”. Gli esponenti del Pdl, pur riconoscendo l’importanza del recupero sociale di chi è incorso in condanne, pretendono da chi ha responsabilità di controllo sulla compatibilità dei rapporti di lavoro con le situazioni ambientali, “un atteggiamento di doverosa intransigenza”. “La città – concludono i consiglieri – attende una risposta ferma ed immediata, seppure non risarcitoria”.

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