Gli errori del Partito Democratico

di Redazione

Walter VeltroniIl percorso politico avviato dal Partito Democratico rischia fortemente di ridimensionare, se non proprio annullare, sia la peculiare identità, sia la consistenza elettorale della Sinistra italiana.

Un rischio che fa aumentare ancor più le già accreditate “chance” di vittoria del centrodestra.

Intendiamoci, è certamente sacrosanto semplificare ed alleggerire il quadro politico del centrosinistra (come anche del centrodestra) da certe recenti superfetazioni micro-partitocratiche e personali prodotte dal cosiddetto “bipolarismo bastardo” e conseguenti allo scorso sistema elettorale del “Mattarellum”.

Così come è altrettanto sacrosanto e necessario – constatati i passati e recenti esiti dei governi di centrosinistra – tracciare una netta linea di demarcazione tra le idee di una moderna Sinistra riformista e quelle di una Sinistra radical-massimalista ancora legata per molti versi ad anacronistiche nostalgie comuniste. Tuttavia per il PD un conto è fare chiarezza sulla piena condivisione dei programmi di coalizione e di governo, un altro è fare confusione “di principi” rifiutando alleanze, anche tattiche, con storici partiti più o meno ad esso omo genei (socialisti di Enrico Boselli e radicali di Marco Pannella) ed accettando invece quelle con forze politiche “spurie” (Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, oltre ad inglobare settori cattolici-integralisti), inoltrandosi così in territori del tutto estranei alla storica identità della Sinistra democratica europea e mondiale.

Il Partito Democratico di Walter Veltroni sta commettendo proprio quest’ultimo errore, in nome di un discutibilissimo, ed a nostro avviso pretestuoso, “rinnovamento della Sinistra”. Intanto perché è francamente ridicolo ed anche un tantinello pacchiano e provinciale che un partito italiano si riferisca “sic et simpliciter” all’esperienza dei “Democrats” statunitensi (date le note e profonde diversità culturali che intercorrono storicamente tra il nostro Paese e gli Usa), tanto più che lo stesso PD mostra di voler fare “by-pass” sulla più omogenea, vicina, fondamentale e tuttora vivissima esperienza del Socialismo europeo, della quale si sta servendo ambiguamente solo per fini elettorali e di necessaria collocazione tra i banchi del Parlamento di Strasburgo.

Si ha infatti la netta impressione che Veltroni (e per esso il PD) “vò fa l’americano”, per dirla alla Renato Carosone, non potendo, non volendo o non sapendo essere europeo “a sinistra” e cioè socialista, socialdemocratico o laburista, come si appellano attualmente e normalmente i parti ti progressisti, accreditati e spesso vincenti, di tutti Paesi della Comunità Europea e non solo.

Forse gli ex comunisti alla Veltroni sentono ancora il “complesso d’inferiorità” nei confronti dei socialisti che son pervenuti diversi decenni prima di loro alla piena accettazione del metodo riformista e democratico-liberale?

Una strana anomalia, dunque, da aggiungersi a quella del pesante deficit di laicità nel corredo ideale e di principi del nuovo soggetto politico guidato da Veltroni che si mostra sempre più imbarazzato, se non addirittura prono di fronte ai diktat dell’iper-aggressivo ed “interventista” pontificato di Papa Benedetto XVI!

Già! La laicità dello Stato, ovvero il primo, grande elemento di riconoscibile differenziazione di ogni partito di centrosinistra europeo dallo opposto schieramento conservatore. Un deficit che nel PD si spiega come il prezzo da pagare per la fusione (o matrimonio d’interesse?) voluta tra post ed ex comunisti, alias DS, e spezzoni della diaspora popolar-cattolica, alias Margherita dei post ed ex democristiani. Una fusione che per alcuni non è stata nemmeno tanto assurda se si pensa alle due “chiese originarie” del PD, ovvero quella DC e quel PCI, apparentemente antitetici, ma che in molti frangenti della storia politica della Prima Repubblica sono stati tutt’altro che lontani, soprattutto quando si è trattato per entrambi di strizzare l’occhio al Vaticano per motivi bassamente elettorali.

Da questi fattori anomali ha avuto origine e motivazione anche il mancato accordo tra PD ed il Partito Socialista di Boselli; partito, quest’ultimo, che sui temi economici ed internazionali, la pensa allo stesso, identico modo del PD ma che, coerentemente e logicamente, non intende rinunciare né al suo storico nome (tuttora accreditato in Europa a fronte del banale e indefinito appellativo di “democratico”), né all’imprescindibile principio della laicità dello Stato.

Per tutta risposta il PD ha preferito allearsi all’Italia dei Valori dell’ex pm Di Pietro (definito, non a torto, come l’unico movimento di destra che parteggia per la Sinistra!) consentendo a quest’ultimo di affiancare anche il proprio simbolo a quello dei “democratici”, possibilità che invece è stata rifiutata ai socialisti (sic!).

Insomma, un bel pastrocchio quello combinato dal PD veltroniano che certamente non aiuterà il centrosinistra a superare le sue obbiettive difficoltà sorte dalla caduta del Governo Prodi e che molto probabilmente, anche grazie ad una legge elettorale “porcata” che nessuno ha voluto modificare (ed ora si capisce bene il perché!), creerà fatali problemi a tutti gli storici partiti e movimenti riformisti stretti tra lo stesso PD e l’estrema sinistra.

Il tutto in vista di cosa? Di una ammucchiata informe al centro? Di una sconfitta di misura del centrosinistra e di un trionfo del centrodestra? Oppure ancora, come è più probabile, il PD andrà incontro ad un “testa a testa” con l’altro partito “confratello” della sponda opposta, cioè quel Partito delle Libertà telecomandato dal cavalier Silvio Berlusconi col quale si prospetterebbe un governo di “Grande coalizione” che, tradotto in italiano corrente, significa la “dittatura della maggioranza degli opportunisti, dei furbi e dei trasformisti senza storia”? Dobbiamo davvero prepararci al Veltrusconismo?

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