Abbattuto il “Pino della Marunnella”

di Redazione

Il Pino della MarunnellaSUCCIVO. Per un centinaio d’anni aveva fatto ombra all’edicola votiva della Madonna, in un incrocio che solo venti anni fa era in aperta campagna e che oggi vede avanzare le case da un lato e i cosiddetti “insediamenti produttivi” dall’altro.

Da sempre, a memoria dei viventi, ha rappresentato un segnale inequivocabile ad indicazione della strada per quelli che, dal cuore di Atella, dovevano portarsi verso le campagne dell’Astragata o arrivare a Marcianise per Santa Venere. Noi facevamo riferimento al pino quando dovevamo indicare la strada verso Teverolaccio a chi proveniva dalla Nola-Villa Literno. “Al pino, gira a destra”: indicazione impeccabile. Da oggi, tutto ciò non è più possibile. Niente ombra per la Madonna e niente frescura per i fiori che i devoti vi portano quotidianamente. Niente più indicazioni per i passanti. Niente cinguettio delle centinaia di passeri che ci abitavano. A nulla è servita la nostra richiesta – comunque accolta dai tecnici del Comune di Succivo – di salvarlo nella lottizzazione della zona, inserendolo nella rotonda che tra poco avrebbe sostituito l’incrocio con via Murelle. A nulla sono serviti gli appelli degli operai del cantiere vicino quando hanno sentito il rumore delle seghe. A poco servirà la nostra denuncia di violazione di un articolo del Regolamento Edilizio comunale, che prevede l’autorizzazione per l’abbattimento di “alberi ad alto fusto”, completamente disatteso e dimenticato e la nostra richiesta di dotare il comune di un Regolamento del verde e di catalogare gli “alberi monumentali” del territorio.

Il Pino della Marunnella

Oggi, quell’albero, un maestoso pino di 25 metri di altezza, con una chioma che proiettava a terra un’ombra di 150 metri quadrati, non c’è più. La catena della sega elettrica in pochi minuti ha ridotto quel grande albero di oltre un secolo di vita in qualche camion di legna da ardere. “L’albero è mio e ne faccio quello che voglio”, deve essere stato il pensiero di chi ha compiuto quel gesto. Un atto gratuito di vandalismo ambientale, uno sfregio fatto forse – a che titolo non si sa – alla comunità, che aveva chesto l’esproprio del terreno per farne una strada più larga e una rotonda a servizio della zona “Pip”, cioè destinata agli insediamenti produttivi, alle fabbriche, insomma. Fabbriche di scarpe e sartorie che forse non arriveranno mai. Ma che comunque verranno costruite, con milioni di euro di finanziamenti pubblici, perchè facilmente travestibili in “appartamenti commerciali” che nonostante i sequestri dei carabinieri troveranno sempre qualche disperato disposto ad acquistarli perchè non trova una valida alternativa legale per il suo budget. Un gesto non meno grave di un incendio di un tir di copertoni o uno scarico in fogna di un’autobotte di rifiuti tossici. Uno dei tanti gesti che condannano i nostri figli a vivere in un territorio più brutto, più insalubre e più grigio. O per i quali, un giorno ci diranno: “papà, mi trasferisco al nord”.

Antonio Pascale (Legambiente-Geofilos)

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